venerdì 15 ottobre 2010

Da popolo omogeneo a massa eteorgenea

   "Una volta i potenti per sottomettere il popolo usavano la forza, le leggi e la religione, ora dispongono anche del calcio e della televisione".
Carl William Brown

Il popolo, secondo la concezione giuridica, è formato dagli individui che possiedono lo status di cittadino di un determinato Stato. Nell'ordinamento italiano dice l'art. 1 co. 2 Costituzione: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione". Il popolo è quindi teoricamente l'unico titolare della sovranità, che non viene esercitata in maniera diretta, ma attraverso un Parlamento eletto.
Tutti i poteri dello Stato di diritto sono svolti in nome del popolo, per e in funzione di esso. Molti degli articoli della Costituzione infatti lo pongono come soggetto, mezzo o fine. E' una parola usata in molti modi, ad esempio per amalgamare chi risiede nello stesso territorio e per indirizzare verso dei destinatari precisi la politica di chi governa. Un popolo serve affinchè esista uno Stato e affinchè ci sia un potere e dei potenti, questi ultimi hanno bisogno di persone a cui riferirsi, sia per essere eletti sia per governare; sia in un'ottica di rappresentanza democratica (e di concentramento di funzioni meglio esercitabili se poste nelle mani di pochi) sia in un'ottica di governo autoritario.
I cittadini dovrebbe essere a conoscenza di "chi" governa e di "cosa" viene deciso e messo in pratica, soprattutto dovrebbe esserci garanzia per "come" viene fatto. Il condizionale usato sta ad indicare la "giusta" realtà, spesso purtroppo contraddetta dalla sostanza dei fatti e della cronaca.
I mandanti, i veri potenti, le lobby, sono i loro interessi che realmente fanno pendere l'ago della bilancia nelle decisioni di governo e non solo quelli di quei pochi a cui è affidata per la durata del mandato una sedia in qualche camera o in qualche consiglio.

Sono persone individuali o giuridiche estranee "fisicamente" alla politica o i meri interessi personali dei rappresentanti ad essere la "driving force" della policy dello Stato in luogo di considerazioni sul bene del popolo o l'utilità generale, le quali vengono postposte sistematicamente alle prime.
Il popolo viene reso partecipe della vita sociale solo nel momento del voto o, raramente, tramite altri strumenti quali il referendum o le petizioni. In verità rimane imbavagliato, succube di ciò che altri per lui decidono. Sin dalle origini e dalle prime comunità non è mai interessato altro se non la propria tranquillità, lo star bene e il divertimento, elementi che i governanti ben conoscono e cercano di garantire tramite sistemi di sicurezza, qualche funzionante servizio pubblico e tramite l'importantissimo "panem et circenses"
Ai giorni nostri non ci sono più le arene, come il famosissimo Colosseo, ma in compenso esistono gli stadi, dislocati sia in ogni grande città sia in piccoli comuni. Gli spettacoli dei gladiatori sono qui sostituiti con quelli dei giocatori e, sebbene lo sport sia qualcosa di incommensurabilmente importante e fondamentale, le modalità con cui ci viene presentato al giorno d'oggi disruggono le menti, riempiendo, in modo spesso negativo,  i discorsi e le giornate di molti. Un elemento collante, il calcio, più di ogni altro mai esistito! 
In modo pacifico e spesso purtroppo anche in modo aggressivo, questo sport distrae, distoglie lo sguardo da quei tre pronomi suddetti: "chi, cosa e come!", dalla vita politica in generale e da come essa incide sulle nostre esistenze.
Riprendendo l'ultimo elemento dell'aforisma riportato sopra, la televisione infine aiuta in questo compito in modo persuasivo e perpetuo, sia perchè spazialmente è dovunque, cioè all'interno di tutte le case, sia perchè temporalmente è raggiungibile (attivabile) ogni volta e per tutto il tempo che si vuole. Questo mezzo di comunicazione non è attivo, bensi passivo; bisogna accenderla, bisogna volerla guardare per farsi da essa coinvolgere. Non è quindi un mezzo di forza, non è "cattiva" come una legge imposta, come un sovrano autoritario o come una tassa da pagare. Ma la forza giuridica che può avere una norma non ha nulla a che vedere con la forza persuasiva, di coesione, di comunanza che determina uno strumento apparentemente solo tecnologico come la televisione.
Sta all'astuzia dei nostri governanti e di chi sostanzialmente li dirige o consiglia sfruttare questi strumenti non ufficiali, ma ufficiosi per rendere effettive e vincolanti le loro decisioni. Possono spaziare in questa scelta di strumenti alternativi, laddove al diminuire della cultura si affianca l'assenza di coscienza e l'inevitabile inesistenza di un popolo. 

Quest'ultimo non più inteso come soggetto unitario, ossia come insieme di cittadini accomunati da uno stesso territorio e governo, bensì come gruppo di individui, preoccupati esclusivamente dei propri interessi e per di più facilmente malleabili come una massa.
Un popolo conosce la propria forza, sa farsi valere, impone la propria volontà, è attivo...
La massa è un aggregato passivo, un gregge comandato, fittiziamente unito, incapace di creare e di volere... 


Per un articolo più recente in cui si parla di governo e consenso potete leggere: Ripudio dei propri governi

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