giovedì 21 ottobre 2010

Caso Masi-Santoro: applicazione dell'art. 7 St.Lav.

Prendendo spunto da una notizia di attualità analizzerò un aspetto delle sanzioni disciplinari nel mondo del lavoro.
Il fatto concreto è lo scontro tra il direttore generale della Rai, Mauro Masi, e il conduttore di Annozero, Michele Santoro.
Il rapporto di lavoro della Rai con il conduttore, in crisi già da ques'estate per il non semplice rinnovo del contratto, é naufragato infine con insulti verbali in diretta, durante una puntata della trasmissione; sulla base dell'accaduto Masi ha deciso di sospendere Santoro e quindi Anno zero per dieci giorni.

Santoro, sanzionato, decide quindi di ricorrere ad un arbitrato interno, che rende inoperante la sua sospensione (ossia, dal punto di vista giuridico, la sanzione disciplinare inflitta) fino al momento in cui il collegio arbitrale non arrivi ad una decisione. Ciò ha permesso a Santoro e ad Annozero di andare in onda per la puntata.
Si tratta, espresso in termini essenziali, del fatto di un dipendente che "manda a quel paese" il capo, suo datore di lavoro. Un comportamento che porta a inevitabili conseguenze disciplinari-sanzionatorie da parte del datore di lavoro.
Tali sanzioni sono, giuridicamente, oggetto della previsione dell'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori che regolamenta il potere disciplinare del datore verso il dipendente in tutti i suoi requisiti procedimentali che garantiscono i principi dell'immediatezza della inflizione della sanzione, quello della necessaria sua proporzionalità con la infrazione e quello del contradditorio (dando voce al dipendente per  esplicare il suo diritto difesa). L'articolo stabilisce inoltre che possono essere inflitte solo sanzioni preventivamente definite da un codice disciplinare affisso in azienda e solo sanzioni tipiche (cioè previste in astratto dalla legge) il cui catalogo contempla il richiamo verbale, l'ammonizione scritta, la multa per un massimo di 4 ore e la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un massimo di 10 giorni.
Proprio quest'ultima quella inflitta da Masi a Santoro.
L'articolo 7 dello Statuto è importante ed estremamente garantistico del rispetto dei diritti del lavoratore. Esso contiene, oltre a quanto già richiamato, un 6° comma sul quale dobbiamo soffermarci per la comprensione del caso in esame:  
"salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Santoro è ricorso quindi a tale seconda strada "impugnando" la sua sospensione non di fronte ad un normale giudice ma davanti ad un collegio di tre arbitri privati.
L'uso di questa via è incentivata rispetto a quella che si esplica di fronte alla autorità giudiziaria, giacchè la sua attivazione comporta la sospensione della sanzione fino alla pronuncia da parte degli arbitri. 
Spero di aver dato spunti per riflettere sul diritto che sta dietro alla vicenda, ossia dietro al fatto riportato in molti articoli da più voci giornalistiche che poco si soffermano sulle regole giuridiche, le quali comunque nel bene o nel male guidano i comportamenti e azioni esteriori.

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