martedì 26 aprile 2011

Conoscere la storia tramite il diritto

Nell'anno 1076, in un processo tenutosi a Marturi presso Poggibonsi (Siena), un monastero in lite con un privato - riguardo ai diritti su una terra - riesce ad ottenere la vittoria richiamando un testo romano che ammetteva l'interruzione della prescrizione qualora un litigante, senza sua colpa, non fosse stato in grado di reperire il giudice. Un estratto della sentenza originale tradotto dal latino: 
"Breve riassunto a vantaggio dei tempi futuri di come, nel corso di un giudizio - cui parteciparono il giurista Pepone e il giudice Guglielmo - Giovanni avvocato della chiesa e del monastero di San Michele sito nel castello di Marturi si scontrò ed ottenne sentenza favorevole ai danni di Sigizone da Firenze a proposito (della proprietà) di alcune terre. 


Sigizone fece obiezione, opponendo l'intervenuta prescrizione e dicendo che su quelle terre (per le quali vi era causa) era stato esercitato un possesso che, fra lui medesimo e suo padre, ammontava a oltre quarant'anni. La difesa del cenobio, dopo aver replicato, confutò l'eccezione di Sigizone sostenendo che, nel periodo intercorso, i beni erano stati rivendicati. E prodotti tre testi adeguati, esposte le prove, considerata con attenzione la normativa contenuta nei libri dei Digesta, per la quale il pretore sanciva la restituzione in forma specifica a favore di quei soggetti che non avevano potuto far valere i loro diritti per mancanza di giudici, dispose la restitutio in integrum delle terre contese a favore del monastero di San Michele e della chiesa. Atto redatto nell'anno 1075 di nostro Signore Gesù Cristo, mese di marzo, nel borgo di Marturi, nel territorio fiorentino."


Rimane qualche dubbio sull'asserzione per cui il monastero non sarebbe riuscito ad avvicinare i giudici del luogo per oltre quarantanni in modo da far valere i diritti contesi con la controparte, ma a noi poco importa. La nostra attenzione è invece rivolta a questa prima testimonianza di cultura giuridica, una delle prime documentazioni di un atto giudiziario che, come si può vedere, non si discosta nella forma e nel contenuto da uno odierno.
A partire dall'XI secolo furono messe per iscritto carte di compravendita, di permuta, di donazione, di dote, di negozi giuridici in cui comparsero formule nuove, attestanti un rinnovamento della cultura e un aumento dell'importanza del diritto e dei suoi tecnici,  tra i quali soprattutto il notaio. Questi nuovi documenti contengono le citazioni dei testi di diritto romano che così vengono riscoperti dopo secoli di oblio, fin dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente. Il caso di Poggibonsi è celebre proprio perchè i giudici citarono alla lettera il testo del Digesto.
Il diritto romano era scomparso, ma dopo circa cinque secoli venne riesumato e reso incontestabilmente diritto positivo. La compilazione di Giustiniano, il Corpus Iuris Civilis, divenne testo di legge universale, legittimato dallo stesso Impero, gli imperatori medievali si consideravano infatti in qualche modo successori degli imperatori antichi.
La storia antica cosi venne riscoperta e riutilizzata, con modifiche e interpretazioni, affinchè venisse adattata alle nuove esigenze sociali. 
I testi antichi, che riportano fino a noi le testimonianze delle leggi promulgate secoli prima da questo o quel sovrano, costituiscono quindi materiale vivente per i giuristi, per coloro che il diritto lo fanno e lo usano. Non si tratta di testi storici, oramai vecchi ed immutabili, bensi di sorgenti, fonti di conoscenza: "storia magistra vitae", scrisse Cicerone. Leggerli ci consente di analizzare le politiche legislative passate, i motivi che portarono a certe scelte, il loro contesto storico e, soprattutto, il fatto di essere noi i posteri di chi creò quelle leggi, ci permette di conoscere le conseguenze positive e negative che ebbero. 
Documenti, testi di processi, atti o statuti, testi di dottrina e manuali danno la possibilità di ricostruire almeno in parte la storia che non si tramanda oralmente e che non rimane negli oggetti, riservandosi uno sguardo soprattutto al folclore e agli usi dei popoli che la scrissero.
Gli atti giudiziari ad esempio ripropongono i motivi di lite del tempo in cui furono redatti, ed è curioso leggere come i problemi successori, di eredità, le liti familiari siano sempre e perennemente le stesse dai tempi romani, a quelli medievali e fino ad oggi. 
I documenti antichi colgono nell'essenza la verità di luoghi e persone, ma soprattutto fanno rivivere con una loro lettura quei rapporti che si instaurarono nelle più antiche comunità, dal matrimonio ai litigi, dai commerci agli omicidi. 
La storia ha una posizione vicaria rispetto alla vita normale e ci conferma che la realtà attuale ripropone spesso gli stessi drammi e problematiche. E laddove non si riesca a risolverli con gli strumenti odierni si potrebbe magari dare uno sguardo al passato e vedere come i nostri predecessori agirono.
Conoscere la storia tramite il diritto ma anche fare diritto tramite la storia.

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