domenica 24 ottobre 2010

La strada per un nuovo reato: il "negazionismo" è punito

Presto una legge per punire chi nega la Shoah e introdurre in Italia il reato di negazionismo, come giusta risposta a chi mette in dubbio l'esistenza dello sterminio nazista contro gli ebrei. Questa è la proposta sostenuta con maggior forza ed in primis dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, dopo l'ennesimo episodio in cui, durante una lezione universitaria all' ateneo di Teramo, un professore ha "minimizzato" l'Olocausto.

Precedenti vi furono già nel 2009 alla Sapienza dove lo si definì "una leggenda" e, ancora prima, nel 2008 in un liceo a Roma dove un professore, rivolgendosi agli studenti, disse che "la Shoah è stata un po' una montatura".
I nostri politici affermano di voler calendizzare al più presto una discussione del problema in aula che porti, eventualmente, ad un decreto finalizzato ad evitare il ripetersi di tali voci che, anche se piuttosto isolate, offendono la storia stessa. Approvare una legge quindi che abbia la ratio di far prevalere la verità del passato. 
Questi segnali allarmanti di un nuovo antisemitismo, diffuso soprattutto in internet, vanno presi in considerazione seriamente e dovranno essere repressi con norme di legge discusse presto e approvate. Il negazionismo non può essere considerato come una opinione o una qualche forma di revisione critica della storia e, come tale, non suscettibile di essere punito. Proprio perchè non rientra nell'ambito della libertà di espressione può quindi essere oggetto di nuovo reato.
Negare l'Olocausto è gia reato in molti paesi, tra i quali Austria, Francia, Germania, Belgio, R. Ceca, Israele, Polonia, Liechtenstein, Lituania, Romania, Lussemburgo, Portogallo, Svizzera. In Italia un progetto di legge contro il negazionismo (che prevedeva pene fino a 4 anni di carcere) è stato invece respinto nel 2007.
Oltre a queste leggi nazionali l'Unione Europea nel 2007 ha raggiunto un accordo sul testo di una direttiva, secondo cui chiunque istighi all'odio razziale o inciti alla violenza dovrà essere punito con la reclusione da uno a tre anni. Pene inoltre per chi nega genocidi e crimini di guerra o contro l'umanità. Analoghe sanzioni, infatti, dovranno essere applicate:

"all'apologia pubblica, la negazione o banalizzazione grossolana dei crimini di genocidio, contro l'umanità e crimini di guerra".
La successiva Decisione Quadro n. 2008/913/GAI (GAI: ossia una decisione  delle linee di comportamento generali riguardante la materia penale rientrante in quello che, prima delle modifiche di Lisbona del 2009, era il terzo pilastro normativo della UE) all' art.1 recita:
«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili... l' apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l' umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all' ascendenza o all' origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all' odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro».
Colpisce il riferimento non solo alla apologia e alla negazione ma anche alla "minimizzazione grossolana" di crimini contro l' umanità, tra i quali rientra sicuramente l'Olocausto. All' articolo 10 lo stesso provvedimento prevede che gli Stati membri introducano nei loro codici la nuova norma penale entro il 28 novembre 2010.
La decisione quadro vincola gli Stati membri quanto al risultato da raggiungere e lascia alle autorità nazionali la libertà di decidere la forma e i mezzi per conseguire tale risultato; è una tipologia di atto dell'Unione Europea che si affianca  al regolamento, direttiva e decisione tradizionali.

Se il testo delle norme europee parla chiaro di tutt'altra idea rispetto a queste vie politiche sono gli storici, che affermano la libertà di pensiero, di opinione e il diritto di non essere punito per le proprie convinzioni.
Non sarebbe, quindi, con la legge penale che si possono fermare questi fenomeni di riduzionismo e negazionismo.
Il quotidiano della Santa Sede, l'Osservatore Romano, afferma a riguardo infatti che è condivisibile la tesi  secondo cui "punire per legge i negazionisti non è la strada giusta. Affermare l'inesistenza della Shoah è un fatto gravissimo e vergognoso, ma è sbagliato stabilire di fatto ciò che è storicamente vero attraverso una norma giuridica".
Questi sono solo alcuni spunti sul dibattito apertissimo, con il desiderio di ricevere delle vostre opinioni a riguardo, magari rispondendo a queste domande, che anche io mi pongo:

Può il diritto servire a tutelare una memoria, una storia, un diritto alla verità e alla commemorazione dei morti e superstiti?
Può il dirittto sostituire una coscienza che forse non si trova in tutte le persone?   

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