martedì 14 maggio 2013

La teoria della prova indiziaria nella fiaba di Cenerentola

Cosa può avere in comune la fiaba di Cenerentola con il diritto processuale civile? 
La risposta sembrerebbe piuttosto ovvia: niente! In realtà, ed è ciò che cercheremo di raccontarvi qui di seguito, in quella favola si trova un solidissimo esempio sull'uso della prova indiziaria nei processi civilistici.
Tutti ci ricordiamo la storia di Cenerentola ragazza umile e bellissima che vive in balia delle malvagità della sua matrigna e delle ingiustizie delle sorellastre molto più brutte e stupide di lei. La bella sfortunata si ritrova, dopo aver conquistato il cuore del principe del regno, a sposarlo divenendo, in un lieto fine, principessa. La versione più celebre della fiaba è sicuramente quella animata da Walt Disney nel secolo scorso, ma già dal 1600 se ne ritrovano, nelle più famose raccolte di favole per bambini, versioni letterarie pregevoli (un esempio classico è quella scritta da Charles Perrault).

venerdì 3 maggio 2013

Fingere di essere un altro via email, in chat o su facebook è reato?

Forse non tutti sanno che molte condotte quotidianamente poste in essere in rete integrano in realtà la fattispecie di un reato del nostro codice penale. Al giorno d'oggi è molta la confusione che viene creata in ambito socio giuridico, spesso si qualificano delle condotte totalmente lecite come reati (si pensi all'omosessualità) e al contrario si "depenalizzano" molte azioni che sono invece illeciti penali o amministrativi descrivendoli come banali sgarri, errori o furberie (si pensi all'evasione fiscale). In questo articolo vi proponiamo una chiarificazione giuridica riguardo ad un reato in particolare, in nome di una conoscenza corretta dell'ordinamento giuridico, a cui dobbiamo sempre far riferimento per indirizzare il nostro agire. 
Un caso realmente successo: Tizio creava un account di posta elettronica con il nome di una ignara signorina, Caia. Conseguentemente, gli utenti con cui corrispondeva sotto il falso nome di Caia, credevano erroneamente di interloquire proprio con quest’ultima. A causa di tale condotta posta in essere dall’imputato, la vera Caia riceveva telefonate erotiche, ovvero veniva contattata al fine di fissare appuntamenti a finalità sessuale. Il tutto, ovviamente, nella assoluta incredulità della ragazza, la quale – quantomeno in un primo momento – non riusciva a darsi una spiegazione plausibile di tale fenomeno.