mercoledì 9 novembre 2011

L'ideale di libertà della Rivoluzione francese e la legge per farlo diventare eterno

"Fra il forte e il debole, tra il ricco e il povero, tra il padrone e il servitore è la libertà che opprime, è la legge che affranca" - H.D. Lacordaire

Da corti ed estrapolati aforismi non sempre si riesce a cogliere il vero obiettivo di chi lo scrisse ed andare a scorrere la biografia dell’autore serve indubbiamente per farsi una più completa visione. Conoscere la storia di grandi uomini permette di riflettere sull’evoluzione del pensiero umano e apprenderne le scelte di studi e di vita può fornire stimolanti esempi a noi contemporanei.
Per piacere della conoscenza riportiamo sprazzi della vita di Henri Dominique Lacordaire (l’autore dell’aforisma qui sopra) un religioso, giornalista e politico, nato in Francia nel 1802 nel periodo in cui subentrò l'impero di Napoleone Bonaparte all'eredità della Rivoluzione Francese del 1789. Come chi scrive, fu studente di Giurisprudenza e durante i suoi anni accademici frequentò l'ambiente laico e anticlericale. Si distinse come oratore brillante in seno a un circolo politico e letterario che riuniva la gioventù monarchica della città; qui abbandonò le idee illuministiche, conservando comunque un amore profondo e sincero per la libertà e gli ideali rivoluzionari del 1789. 
Nel 1822 partì per Parigi al fine di effettuare il suo tirocinio d'avvocato. Riuscì ad entrare nell’ufficio di un importante procuratore generale e benché secondo la legge fosse troppo giovane per patrocinare una causa, difese con successo diversi imputati in Corte d'Assise. Tuttavia, malgrado la prospettiva di una carriera brillante, a Parigi si annoiava e si sentiva isolato, non essendo attratto dalle distrazioni mondane offerte dalla capitale. Addirittura si convertì e decise di diventare sacerdote, dopo alcune letture che lo colpirono. Fu poi ordinato cappellano di un liceo tuttavia questi compiti non lo soddisfacevano e decise di lasciare la Francia per gli Stati Uniti, patria della libertà.  Egli era atteso dal vescovo di New York, ma lo scoppio della rivoluzione del luglio 1830 (la c.d. seconda rivoluzione francese) lo dissuase. 
Accantonata l'idea di emigrare, fondò con il prestigioso sacerdote F. R. Lamennais e con il giovane nobile paladino della libertà C. Montalembert, il giornale “L'Avvenir” di cui divenne redattore. I tre amici combatterono dalle colonne del quotidiano - il cui motto era: “Dio e la libertà” - per l'affermazione della libertà di stampa e d'associazione, del suffragio universale, per la libertà delle nazioni e delle comunità locali, e anche per quella d'insegnamento. Con questo giornale si sosteneva l'idea di un cattolicesimo democratico, per riavvicinare la Chiesa alla società moderna. Nel 1832 ci fu la condanna della testata, ma dopo questo sconfitta Henri Lacordaire comunque non rinunciò al suo ideale di libertà.
Nato poco dopo la rivoluzione francese, egli era figlio della borghesia rivoluzionaria (suo padre era un medico e suo nonno un avvocato), di cui condivideva numerosi ideali, in particolare la modernità, il progresso e una visione globalmente positiva dell'atto rivoluzionario. Contrariamente ai suoi contemporanei, Henri Lacordaire riteneva, a certe condizioni e sempre escludendo la violenza fisica, che dall'insurrezione popolare potesse scaturire un miglioramento della condizione umana. Senza essere per altro di convinzioni repubblicane, mostrava delle idee politiche assai avanzate e nelle sue conferenze si esprimeva con ideali cosi moderni che riscosse molti ascoltatori e successo proprio tra gli studenti. L'onnipresenza del tema della libertà nei suoi discorsi, in quanto sospettato di pervertire la gioventù, provocò forti critiche e gli incontri furono ad un certo momento sospesi.
Nell’aforisma di Lacordaire riportato all'inizio (“Fra il forte e il debole, tra il ricco e il povero, tra il padrone e il servitore è la libertà che opprime, è la legge che affranca”) si ritrovano le tracce dei suoi studi da giurista, tracce degli ideali che gli appartenevano in virtù della sua nascita e tracce del periodo in cui visse. I suoi occhi videro il sorgere e il morire di molte rivoluzioni europee e anche oltre oceano ed è per questo che la parola libertà si erge a protagonista nei discorsi dello studioso di cui abbiamo riportato la biografia. E dall'ultimo periodo della frase si evince la verità secondo cui le richieste, i bisogni di libertà e le consequenziali tutele per il permanere di essa possono esplicarsi solo tramite il diritto e, quindi, attraverso il suo principale mezzo espressivo che è la legge.

L’amore per la libertà che Lacordaire esaltava in ogni suo scritto e discorso andava di pari passo con un fortissimo sentimento verso il suo tempo, egli scrisse infatti della “necessità di amare il suo secolo”. Con queste ultime parole chiudiamo il nostro articolo ma tentiamo di far iniziare le riflessioni di chi legge. 


Collegamento con l'articolo sul film V per Vendetta e sul tema della libertà e rivoluzione dal basso: I media come catalizzatori di idee rivoluzionarie e strumenti di libertà

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