mercoledì 29 giugno 2011

Mandato d'arresto contro Gheddafi: può essere eseguito?


Notizia fresca sui giornali è che la Corte Penale internazionale ha spiccato un mandato di arresto per il leader libico Muammar Gheddafi, suo figlio e il capo dei servizi segreti libici con l'accusa di crimini contro l'umanità. La risposta del Raìs è stata però negativa: "Non riconosciamo la Cpi" e, quindi, questo ordine di arresto non può colpirmi. 

La notizia merita una spiegazione soprattutto alla luce di un precedente articolo di Leggendoci (link sotto) il quale si occupava proprio della nascita dei tribunali penali internazionali, a partire da quelli di Tokyo e Norimberga dopo la seconda guerra mondiale per giungere fino al 1998 con l'istituzione della ICC (International Criminal Court).

Citando dal nostro precedente scritto possiamo individuarne le caratteristiche principali e i limiti potendo poi ritrovarli e analizzarli nel recente caso libico.
"La Corte Penale Internazionale è stata creata dallo Statuto (trattato) di Roma del 1998, entrato in vigore il 1° luglio 2002.  L’ICC è un’istituzione permanente e ha una giurisdizione di carattere generale. Giudica “sui crimini più gravi nel contesto internazionale” (art. 1) riguardanti “la comunità internazionale nel suo insieme” (art. 5).  La Corte ha una competenza complementare rispetto a quella dei tribunali nazionali. Essa ha però anche dei gravi limiti, quali l’applicabilità dello Statuto ai soli crimini commessi dopo la sua entrata in vigore, il fatto che i crimini debbano essere commessi da cittadini di stati che sono parte del trattato o sul territorio di essi e inoltre la complessità delle condizioni previste perché l’azione penale possa essere avviata. Un altro limite è quello che esclude la possibilità di celebrare il processo nella contumacia dell’imputato." 

La prima precisazione da fare è questa: la Corte è stata istituita attraverso un trattato di diritto internazionale. Esso è sostanzialmente un accordo fra Stati che decidono consensualmente di creare regole giuridiche a cui sottoporre i propri rapporti. Il trattato può essere paragonato ad un contratto di diritto privato, in cui le parti regolano a loro piacimento le proprie posizioni giuridiche. In questo caso gli Stati si sono trovati e hanno deciso di creare un giudice penale sovranazionale che potesse lavorare in modo autonomo per la repressione di determinati crimini particolarmente gravi (ad es il genocidio) commessi all'interno dei territori o da cittadini degli Stati stessi (contraenti).

Conseguenza della stipulazione di un trattato è che, in ossequio alla regola pacta sunt servanda, le Nazioni firmatarie siano vincolate a quanto risulta scritto nel patto medesimo. Solo la volontà manifestata di "negoziare" le regole cui sottoporsi giustifica la vincolatività delle stesse sul piano internazionale per ciascuno Stato aderente. Segue, quale ulteriore e pacifica implicazione, che i trattati hanno effetto solo tra le parti e non verso i terzi, cioè verso gli Stati che non hanno partecipato ai negoziati e non hanno accettato l'accordo. 

Dopo questa breve, ma fondamentale parentesi, si comprende come la Libia, non essendo firmataria dello Statuto di Roma del 1998 e non avendo ratificato tale accordo nemmeno successivamente, non sia sottoposta alla giurisdizione internazionale della Corte e quindi possa rifiutarsi di eseguire o, soprattutto, far eseguire da autorità di altri Paesi il mandato di arresto all'interno del suo territorio; e se ciò venisse in ogni caso attuato si avrebbe una invasione indebita della sovranità della Libia e ciò comporterebbe un illecito internazionale in capo allo Stato di appartenenza di tali autorità.

Viceversa l'esecuzione dell'arresto, pur nei confronti di Gheddafi, che avvenga all'esterno del territorio libico e all'interno del territorio di uno qualsiasi degli stati aderenti alla CPI sarebbe legittima pienamente. In questo caso non sussisterebbe il problema dell'invasione della sovranità territoriale della Libia poiché l'atto d'arresto verrebbe eseguito nei confronti di un soggetto singolo individuo, pur se rappresentante di tale Stato, in esecuzione del trattato.

A questo punto sorge spontanea una domanda: ma se Gheddafi è, pur sempre, un cittadino libico e gli illeciti di cui è imputato sono avvenuti in territorio libico e se abbiamo detto che la giurisdizione della Corte si applica entro i limiti di cittadinanza dei criminali o territorialità degli illeciti in paesi membri della CPI, allora perché si afferma che l'arresto può essere eseguito lo stesso sebbene la Libia non sia parte del trattato? Parrebbe una contraddizione con quanto abbiamo sostenuto.

Per comprendere il problema e cercare una risposta bisogna introdurre nel discorso una nuova regola. Stabilisce infatti lo Statuto della CPI che per casi particolari si attui un meccanismo di segnalazione alla corte da parte del Consiglio di Sicurezza ONU che prescinde da qualsiasi criterio territoriale e di nazionalità.
L'organizzazione della Nazioni Unite è la massima istituzione sovranazionale esistente nel mondo e vi partecipano Stati, tra i quali anche la Libia dal 1955, e il Consiglio di Sicurezza (CdS) è l'organo più importante in quanto il suo compito principale è quello di garantire la sicurezza internazionale e il mantenimento della pace fra Stati. Si comprende come questa "universalità" di partecipanti e "generalità" di compiti giustifichi la possibilità che il CdS, di fronte ad una situazione di denuncia di crimini gravi commessi da rappresentanti di Stati, possa segnalare alla Corte la necessità di indagare. E, come espressamente previsto, in questo caso "prescindendo da criteri di nazionalità o territoriali". Questo potere di segnalazione del Consiglio di Sicurezza di attivare la Corte era già stato utilizzato, ad esempio, per indagare sui crimini commessi in Darfur nel 2002. A seguito di tale indagine nel marzo 2009 la Corte ha spiccato un mandato d'arresto del presidente sudanese Omar Al Bashir per crimini di guerra e contro l'umanità, nonostante il Sudan non sia tra i paesi che hanno ratificato lo statuto della CPI e ne abbiano accettato la giurisdizione.
Perciò, correttamente i giornali riportano la notizia, che "il Colonnello e i suoi accoliti dovranno essere arrestati se si recheranno in uno dei 116 Paesi che hanno sottoscritto il Trattato di Roma il 17 luglio 1998 costitutivo della Cpi". Mentre, per le ragioni su esposte, l'affermazione, da parte dei difensori di Gheddafi, che "la Libia non ha mai sottoscritto il trattato di Roma e che, quindi, non accetta la giurisdizione e la conseguente decisione d'arresto della Cpi" riguarda solamente il caso di esecuzione dell'arresto all'interno del territorio libico e non può estendersi al caso di arresto all'esterno di tale territorio poiché, come abbiamo visto, la procedura di segnalazione del CdS ONU consente di derogare ai criteri di nazionalità e territorialità della attività della Corte.

Riassumendo, il Rais non deve essere arrestato dalle autorità libiche poiché il mandato non le vincola, in quanto la Libia non aderisce alla Corte. 
Non può essere arrestato da autorità militari o di polizia appartenenti ad altri Paesi, sebbene aderenti alla CPI, poiché ciò comporterebbe una invasione nella sfera di sovranità della Libia ed un conseguente illecito internazionale.
Potrà (anzi dovrà), a mio avviso, essere arrestato da autorità di qualsiasi altro paese aderente alla CPI se si trova sul territorio del medesimo. E ciò potrà avvenire, nonostante egli sia un cittadino libico, perché il mandato d'arresto nasce da una procedura iniziata con segnalazione del Consiglio di Sicurezza ONU la quale consente di non tenere conto della nazionalità del criminale.


Collegamento all'articolo citato ampiamente in apertura, che tratta della storia dei tribunali penali internazionali:"I tribunali penali internazionali. dall'IMT all'ICC"


Riportiamo, come di consueto, il link dell'articolo del Corriere della Sera che riportava la notizia dalla quale è stato sviluppato il post. Potete andare QUI


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