venerdì 5 luglio 2013

Il federalismo medievale antenato delle moderne costituzioni federali

 "Che dovunque può essere litigio, ivi debbe essere iudicio" - Dante Alighieri

Questa è una delle frasi più celebri del De Monarchia, famosissimo saggio politico di Dante Alighieri, che vi riportiamo per accennare ad alcune sue idee imperiture. L'opera fu composta, si presume, intorno al 1312-1313, periodo di grande fervore all'interno della geopolitica italiana per la nascita dei comuni, nuove istituzioni costituzionali, simbolo di ideali di democrazia e di libertà. Una regola consuetudinaria prevedeva, infatti, che dopo aver abitato un anno e un giorno all'interno della città si diventava liberi (perciò si dice ancora oggi che "l'aria di città rende liberi"). Di sicuro si trattava di una norma di grande stimolo all'inurbamento ma, al contempo, di una innovazione di non poco conto rispetto al precedente passato, in cui la schiavitù non era sicuramente poco diffusa (lo rimaneva nel contado). 

Il periodo del Basso Medioevo, all'incirca dall'XI al XV secolo, fu infatti testimone di importanti passaggi storici sia dal punto di vista culturale, politico, giuridico che sociale. In quei secoli videro la nascita le prime università e contemporaneamente la nuova scienza del diritto, si affermò l'autonomia dello studio e della ricerca, vennero pensate importanti teorie politico-costituzionali e presero forma innovative istituzioni "federali"
In relazione a quest'ultimo passaggio è opportuno affrontare il tema dei comuni, nuove forme costituzionali che si crearono dal basso, tramite continue e incessanti rivendicazioni di libertà e autonomia nei confronti dell'imperatore, dei principi, dei signori, dei vescovi, ossia tutte quelle plurime autorità presenti a macchia di leopardo nell'Europa di quei tempi. I comuni si diedero, progressivamente, delle proprie regole di organizzazione stilate in appositi statuti, nominarono propri consoli con funzioni giurisdizionali e dettarono nuove norme tramite l'assemblea dei cittadini liberi. Altre istituzioni medievali di particolare rilievo furono le corporazioni di mestiere, ognuna per ogni professione, dotate anch'esse di proprie norme e statuti, nonché di propri organi giurisdizionali. Le corporazioni stabilivano standard tecnici precisi e inderogabili per l'espletamento della professione da parte degli associati ed al contempo esercitavano la stessa in regime di monopolio. Altre, relativamente autonome, istituzioni medievali erano rappresentate dalle partizioni interne ai Comuni stessi, i quali erano divisi in quartieri, quarte, contrade e grandi famiglie. Ma non finisce qui, al di fuori dei Comuni si trovavano le campagne, il contando, le riviere, le comunità montane o di confine, tutte con precise e proprie regole organizzative e di vita. Un individuo faceva quindi parte, nello stesso momento, di plurimi gruppi e associazioni a partire dalla propria famiglia, quartiere, corporazione, comune, impero. 
Tale struttura, non si può negare, abbia molte delle caratteristiche del federalismo inteso sia in senso verticale che orizzontale, intendendo il primo quale compresenza sul medesimo territorio di enti con diverse competenze, alcuni dei quali limitano la propria sovranità in nome un'istituzione superiore, ed il secondo quale affidamento di alcune competenze specifiche in primo luogo nelle mani dei privati e solo sussidiariamente allo Stato. Questa compresenza di molteplici e diverse "lealtà" fu sicuramente un antecedente storico delle moderne istituzioni federali, sebbene bisogna notare la presenza di rilevanti divergenze. 
Ma nell'analisi di questi secoli a noi lontani non si può omettere di sottolineare quanto fossero queste stesse nuove e innovative istituzioni tremendamente instabili al loro interno. Continue erano le lotte tra famiglie, tra ceti, tra città, tra città e contado, tra città e impero, tra impero e chiesa e così via. Ed anche le stesse norme statutarie, create oggi, erano l'indomani modificate, revocate o aggiunte. Un caos che abbisognava di un'autorità superiore capace di creare pace tra i litiganti. L'impero era sì esistente al di sopra di tutti gli enti sopramenzionati ma in determinate zone d'Europa era poco presente e incapace di far valere la propria supremazia giuridice e forza. Tuttavia, sebbene fu proprio dalla seconda metà del XII secolo che l'impero iniziò la sua decadenza, fu proprio in quel periodo che le migliori e le più innovative teorie politiche sull'impero vennero pensate. Ed una di queste ha la firma proprio di Dante Alighieri. Il sommo poeta italiano affronta nel primo libro del De Monarchia proprio il tema della necessità di un impero universale, al di sopra di tutti gli Stati, il solo in grado di garantire la pace e la stabilità ("An - monarchia - ad bene mundi necessaria sit"). Egli scrisse:

Dovunque possa nascere un conflitto, là deve esercitarsi il diritto di giudicare. Ma tra due principi non assoggettati l'uno all'altro può nascere un conflitto; occorre pertanto che vi sia un terzo, dotato di un più ampio potere di giurisdizione, il quale sia in grado di imporsi ad entrambi. Dunque l'impero universale è necessario al mondo"
Sicuramente tra le parole di Dante si ritrovano le radici delle teorie del federalismo, riprese secoli dopo da Kant ne "Per la pace perpetua", e rese applicative dalla Costituzione americana del 1787 e da numerose altre realtà ad essa successiva, fino alla moderna e nostra contemporanea Unione Europea

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