La legge, come ben sappiamo tutti noi giovani, punisce chi guida a velocità sostenuta superiore a quella prevista, violando i limiti del codice della strada. Limiti di velocità che sono stati imposti affinché le andature dei veicoli non costituiscano pericoli per i conducenti stessi e per gli altri viaggiatori. Viceversa a chi non è mai capitato di adirarsi invece contro chi viaggia troppo lentamente, costringendo spesso le auto che gli si avvicinano a frenate folli o creando nervosi ed inutili rallentamenti?
Non c'è dubbio che anche gli automobilisti che mantengono una velocità ridotta senza motivo intralcino il traffico, provocano disagi e a volte addirittura gravi incidenti. A riguardo la giurisprudenza in materia penale è dell'opinione favorevole al concorso di colpa per il conducente tamponato perché viaggia lentamente. Cosi è stato deciso dalla Corte di Cassazione (IV sezione) che, con una sentenza del primo giugno scorso (n. 22135), ha confermato la condanna ridotta da concorso di colpa nei confronti di un conducente di un autocarro che aveva tamponato e ucciso un motociclista che procedeva lungo l’autostrada troppo lentamente.
Il caso è stato deciso primariamente dalla Corte d’Appello di Firenze con una riduzione della pena per il proprietario del camion il quale aveva causato il sinistro mentre superava il motociclista che procedeva ad un’andatura notevolmente lenta. La Suprema Corte successivamente ha confermato la sentenza, impugnata con ricorso, affermando: "del tutto corretta ed acuta sotto il profilo ricostruttivo e logico s’appalesa le sentenza impugnata che, pur riconoscendo il concorso colposo della vittima nella produzione dell’evento a causa dell’eccessiva lentezza" ha comunque ammesso la responsabilità dell'imputato (il camionista) e lo ha condannato (seppur con pensa ridotta) poiché "non tenne in alcuna considerazione le peculiari condizioni della strada e non si avvide del ciclomotore, dal momento che la condotta del ciclomotorista non fu tale da ritenersi imprevedibile, improvvida ed imperita».
Per il diritto sussiste la responsabilità quando la condotta illecita (in questo caso del camionista) è causa dell'evento morte (del centauro), cioè quando sussiste - in termini giuridici - il nesso causale, la relazione che collega in senso naturalistico un atto e l'evento che vi discende. Non sussiste al contrario alcuna responsabilità e nessuna conseguente condanna quando si accerta che la condotta dell'agente non ha causato l'evento, ma si constata che quest'ultimo è stato determinato da fatti (estranei alla condotta del camionista) che l'uomo non poteva controllare, né immaginarsi.
Quindi, sia la Corte d'Appello che la Suprema Corte sono dell'idea che chi è al volante debba non soltanto guidare con prudenza ma anche prevedere le eventuali imprudenze degli altri utenti della strada e prepararsi ad evitarle. L'automobilista potrebbe andare esente da responsabilità e quindi non essere punito solo nel caso in cui l'evento lesivo che provoca, ad esempio l'investimento di un pedone, sia avvenuto per colpa a lui non imputabile. E quindi non si profilerebbe la colpa nel momento in cui, non solo ci sia un comportamento colposo del pedone (si è gettato per strada correndo ad esempio), ma questa condotta configuri una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista ne' prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l'evento. In questo caso l'agente, poniamo il conducente dell'auto che ha investito il pedone, non sarebbe più responsabile dell'incidente, perché egli non ne sarebbe più la causa. Un fatto eccezionale, da solo sufficiente a provocare un evento, si inserisce nella ricostruzione del caso concreto e spezza il nesso causale tra condotta dell'automobilista (causa) e investimento del pedone (effetto).
Dice la Suprema Corte che chi e' alla guida può considerarsi sollevato da colpe in caso di incidente "solo allorquando il conducente del veicolo investitore si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile". Solo in questo caso, la colpa potrebbe attribuirsi "esclusivamente alla condotta del pedone". Quindi in fin dei conti il conducente risponde anche dei comportamenti altrui, sebbene non corretti, quando sono prevedibili nella normale circolazione stradale.
Facciamo un esempio: un conducente in prossimità delle strisce zebrate, sebbene sia impossibilitato nella vista per la presenza di un grosso veicolo, deve essere prudente e prevedere eventuali trasgressioni dell'utente della strada, quale un pedone che attraversa improvvisamente. In caso di incidente il conducente sarà colpevole e il pedone sarà condannato per concorso di colpa, come nell'esempio iniziale di camionista e motociclista.
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