lunedì 27 giugno 2011

Avvertimenti dall'UE per la patologica inefficienza del processo civile: l'Italia resta sorda

In un periodo come quello che stiamo attraversando, nel quale le parole debito pubblico, crisi, ripresa, crescita economica risuonano ogni giorno, non ci si può non interrogare sul da farsi per il nostro futuro. La Commissione europea e il Consiglio nel formulare le raccomandazioni per l'Italia (atti di diritto derivato contenenti indicazioni non vincolanti per gli Stati membri) per adempiere ad una strategia europea entro il 2020 hanno responsabilizzato il nostro Paese su una questione fondamentale. Le due istituzioni hanno asserito che "la lunghezza delle procedure nell'esecuzione dei contratti rappresenta un ulteriore punto debole del contesto imprenditoriale italiano". Quello che l'Europa vuole dirci è che l'inefficienza della giustizia civile influisce negativamente sulla crescita economica italiana, che stenta a decollare e non riesce ad adeguarsi agli standards previsti a livello sovranazionale. Ecco qui accanto un grafico sulla durata media dei processi civili negli Stati europei, in cui l'Italia svetta nella classifica dei peggiori. 
La rilevanza del dibattito sulla patologica lunghezza del processo civile si è riproposto con forza in questi giorni in sede istituzionale sovranazionale, ma non sembra invece entrare nel dibattito interno italiano in questi giorni e nemmeno presso l'opinione pubblica. 
Quanto i tempi biblici dei processi civili bloccano la crescita dell'economia in Italia? La risposta è: "molto"! Una giustizia lenta rende difficilissimo chiedere un credito bancario da parte delle imprese nostrane e soprattutto diminuisce gli investimenti dall'estero. Il tutto a discapito dell'economia del nostro paese che perde di competitività all'interno di un mercato ormai transfontaliero. 
Una delle soluzioni che vengono proposte dagli esperti è la previsione di un compenso a forfait per l'avvocato. Si tratta di uno solo dei possibili interventi sul processo civile, ma non per questo non merita di essere valutato. Per evitare un abuso dei ricorsi in giudizio si dovrebbe porre gli avvocati nelle condizioni di "filtrare" le richieste delle parti, in modo da diminuire l'entità dei fascicoli portati nel processo, usufruire delle garanzie di giustizia in modo onesto, e non dilatorio, al fine di raggiungere una rapida vittoria od una efficace transazione. Ad ogni tipologia di causa corrisponderebbe un compenso forfettario per l'avvocato, che il più delle volte sarebbe più basso degli emolumenti che oggigiorno ricevono. Si passerebbe dalle tariffe a prestazione alle tariffe a forfait che il cliente, nel momento in cui si rivolge al suo avvocato, conoscerebbe in anticipo quando viene redatto il preventivo. Gli avvocati non sarebbero spinti ad aumentare le loro parcelle perché scoraggerebbero solamente i loro clienti i quali o decidono di cambiare avvocato o di transigere, ma di certo non decidono di optare per la causa.


Collegamento al recente post sulla testimonianza scritta, una delle riforme più innovative della legge del 2009. Leggete per scoprirne le positività e gli aspetti negativi: La testimonianza scritta d'oltralpe nei nuovi processi civili

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2 commenti:

  1. Mah...quello del compenso a forait non mi convince. Anzitutto, l'avvocatura è libera professione: mettere il compenso fisso per tutti mi sa molto di stato sovietico. Oltretutto, si svilisce totalmente la differenza, che c'è, tra i vari avvocati e tra le varie cause. Starà anche all'avvocato capire le potenzialità di successo di una causa e se così fosse, perchè non permettergli di alzare la parcella? Meglio il sistema del patto di quota lite allora.
    Ma questi temi (filtro degli avvocati per non mandare in giudizio troppe cause) sono temi di etica professionale che non si possono imporre per legge, dovrebbe essere la categoria a riformarsi.
    E riformare il codice. Che non è un cattivo codice, bisogna essere onesti. Ma se si attribuissero un pò più di poteri al giudice e si aumentassero gli organici (per esempio per cancellare quella ridicola eccezione che è diventata la regola del 183, i termini 30+30+20, e far si che davvero il processo sia orale) o riformare le notifiche, limitare l'appello, togliere quell'assurdo 7 comma dal 111 della costituzione e limitare seriamente il ricorso per cassazione (non come quei filtri sgrammaticati e rattoppati del 360 bis) allora credo si inizierebbero a vedere alcuni benefici. Magari non rivoluzionari, ma credo saremmo sulla strada giusta.
    Noto che sono sempre l'unico commentatore?

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  2. innanzitutto grazie per i tuoi commenti :-) eh si, non sono in tanti a commentare, forse perchè sono temi un po' complicati o forse perchè esprimersi pubblicamente risulta difficile, non sappiamo... comunque riguardo all'articolo qui sopra l'idea del compenso a forfait per gli avvocati viene dalla sperimentazione dello stesso nel settore sanitario negli USA, dove ad ogni malattia è stato corrisposto un compenso prestabilito, per evitare accanimenti terapeutici e lungaggini inutili per le cure. al fine di stimolare gli ospedali a divenire efficienti e far guarire celermente. inoltre l'idea del compenso a forfait per gli avvocati vale per determinate cause prestabilite ma nel caso in cui la causa concreta posta dal cliente non vi rientrasse l'avvocato sarebbe libero di stabilire il suo onorario ma sempre comunicandolo a forfait in anticipo al cliente in sede di preventivo. i problemi che attanagliano il nostro processo sono molti e i responsabili non sono solo gli avvocati, ma anche le troppe garanzie predisposte dalla legge. indubbiamente un altro passo da fare sarebbe di rendere i giudici i dominus del processo, allora si che ci sarebbe maggior celerità. le tue idee sono davvero ottime! e sono d'accordo con le parole del procuratore capo di napoli che dice che le riforme della giustizia (egli si riferiva al processo penale) debbono essere fatte si dal parlamento, perchè è un suo compito, ma in particolare debbono essere redatte da chi la giustizia la applica e la svolge, ossia i magistrati.

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