venerdì 29 aprile 2011

Consenso informato in emergenza e urgenza

L’art. 32 secondo comma la Costituzione sancisce il principio per cui “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Da questa disposizione i tecnici del diritto hanno evinto una semplice ma essenziale regola: per sottoporre un soggetto ad un trattamento sanitario è necessario il suo consenso.
Da subito si è resa evidente la necessità di precisare certe considerazioni e approfondire alcuni aspetti inizialmente trascurati (quali caratteri deve avere il consenso?, è necessario il consenso in ogni circostanza?, ecc…). A ciò hanno provveduto nel corso del tempo diverse fonti normative: significativa a questo proposito è la Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedica tenutasi a Oviedo il 4 Aprile del 1997. All'articolo 5 detta come regola generale che "un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso".
L'ordinamento giuridico italiano, poi,  con la legge del 28 marzo 2001, n. 145 ha ratificato la convenzione e ne ha così fatto proprio il contenuto e la ratio.

Con questo articolo poniamo l’attenzione sul problema del consenso informato nei casi di emergenza-urgenza, dando per assunti i suoi caratteri e il suo utilizzo in situazioni di normalità. Nei casi di emergenza-urgenza due sono le situazioni che si possono prospettare: una prima situazione in cui il paziente è cosciente e una seconda in cui il paziente non è cosciente.
Nel primo caso (soggetto cosciente):
  • se il paziente non solo è cosciente ma è anche capace di prestare un valido consenso (non è un soggetto incapace cioè non è minore/inabilitato/interdetto/sottoposto ad amministrazione di sostegno, oppure non si trova in una condizione psicofisica di disorientamento, ad es. non capisce dove si trova/ cosa sta accadendo/ non riconosce parenti o amici) allora dovrà essere informato in merito alla gravità delle condizioni in cui versa, alla natura della patologia, alla tipologia delle prestazioni ipotizzate per la sua guarigione attraverso una comunicazione personale (secondo quanto stabilito dall’art 32 della costituzione). In questo caso il paziente potrebbe dare il suo consenso (che dovrà essere documentato e ancor più specifico nell’eventualità che all’intervento ipotizzato siano connesse concrete possibilità di rischio per la sua vita) oppure negarlo. In quest’ultima ipotesi il sanitario dovrà accettare la decisione del paziente previo un obbligatorio tentativo di persuasione. Facciamo un esempio: un soggetto maggiorenne e in possesso delle piene facoltà psicofisiche si reca in ospedale per gravi dolori addominali. Lì gli viene diagnosticata un’appendicite acuta e suggerito un intervento di appendicectomia. I sanitari dovranno presentargli un documento nel quale sono indicati i rischi dell’operazione e le ragioni per le quali viene suggerito detto intervento. Egli dovrà apporre la sua firma in calce per acconsentire all’operazione.
  • se invece il paziente è cosciente ma incapace le cose si complicano. Nell’eventualità che sia presente un tutore/curatore/amministratore di sostegno il sanitario dovrà fare riferimento alla volontà di questi soggetti (legali rappresentanti del paziente), altrimenti il sanitario, sotto la protezione dell’art. 54 c.p., dovrà operare come se il paziente fosse incosciente in quanto nell’impossibilità di prestare un valido e attuale consenso). Facciamo un esempio: un soggetto affetto da sindrome di down viene accompagnato in ospedale per forti dolori addominali dalla madre alla quale il giudice adito aveva attribuito tempo addietro la qualità di tutrice. I medici, dopo un primo esame, lo giudicano cosciente e  poi, in seconda battuta, gli diagnosticano un appendicite acuta e suggeriscono un operazione di appendicectomia. In questo caso sarà la madre-tutrice a sottoscrivere il documento e a dare così l’autorizzazione. Se il soggetto affetto da trisomia 21 fosse stato condotto in ospedale da un’ambulanza e lì non fosse stato possibile contattare alcun tutore l’operatore sanitario avrebbe dovuto agire ed effettuare l’operazione protetto dallo stato di necessità.
Nel secondo caso (cioè qualora il soggetto non sia cosciente) opera in ogni caso lo stato di necessità (art 54c.p.) in virtù del quale il sanitario non solo può ma deve operare il trattamento terapeutico necessario a salvare il paziente. L'art. 54. c.p. afferma che "non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo". Facciamo un esempio: a seguito di una sparatoria viene condotto in ospedale un uomo adulto in stato di incoscienza a causa di una rilevante perdita di sangue. Il medico che lo accetta può, anzi deve disporre l’immediato intervento in sala operatoria.
Qui sorge però un problema: quello delle “direttive anticipate” (es:testamento biologico). Sul punto si contrappongono 2 orientamenti:
  • il primo sottolinea la validità di questi atti in quanto rappresentativi di un dissenso tutelato dalla stessa costituzione all’art 32;
  • il secondo invece facendo leva sulla discrasia tra epoca del manifestato consenso ed epoca della sopravvenuta patologia, sottolinea la non attualità e quindi la non attendibilità del dissenso.
Di fatto l’operatore sanitario si trova solo davanti a questa scelta (tener conto o meno delle direttive anticipate) e dovrà muoversi secondo scienza e coscienza.
Per quanto riguarda le domande che più spesso vengono sottoposte agli operatori del diritto, procediamo ad una sistematica e breve disamina:
  1. se un paziente necessità di una urgente operazione sanitaria salva-vita, ammesso che sia cosciente, bisogna ritenere che egli sia in grado di comprendere appieno il problema e di dare un CI (consenso informato) valido? (pensiamo al dolore e allo stress psicologico che in quel momento potrebbe provare). L’equazione danno fisico grave = perdita della capacità di discernimento non vale sempre, nel senso che non si può automaticamente ritenere che siccome un soggetto presenta lesioni fisiche gravi e dolorose e necessita di trattamenti rischiosi, allora perda la lucidità necessaria ad esprimere valido consenso. Quindi: o emerge da elementi chiari che il soggetto anche se cosciente è in uno stato confusionario e allora vale l’art 54 c.p. che permette al sanitario di intervenire oppure il sanitario dovrà richiedere per forza il consenso dal paziente.
  2. Se il paziente è incosciente il sanitario deve sentire gli aventi diritto (familiari ecc…) e per questo magari perdere tempo prezioso? Sul sanitario non grava alcun obbligo di contattare i parenti/familiari del paziente. Imporre ciò vorrebbe dire non tener conto dell’art 54 c.p. che autorizza il sanitario ad intervenire laddove vi siano i presupposti dello stato di necessità. Nel caso contrario (cioè se il medico fosse obbligato a richiedere il nulla osta dei familiari) il medico verrebbe distolto dal suo compito principale di curare il paziente (e ridotto ad un semplice burocrate) e si avrebbe una grave violazione del diritto che non consente neppure ad un parente strettissimo di sostituire la sua volontà a quella di un soggetto comunque capace (ancorché incosciente).
  3. Se il paziente è incosciente e non ci sono familiari può il sanitario procedere in scienza e coscienza all’operazione con la presunzione di interpretare l’istinto alla vita del paziente stesso e quindi implicitamente il consenso alla procedura? Certamente il sanitario dovrà intervenire secondo quanto dispone l’art 54 c.p. ma non in ragione di un presunto istinto alla vita del paziente (ambito così personale da non lasciar spazio a nessuna presunzione) bensì in ragione della riespansione dell’obbligatorietà dell’intervento medico.
Luca e Teo

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2 commenti:

  1. Complimenti per l'articolo ben fatto. Esiste una seconda condizione, oltre a quella disciplinata dall'art 54 c.p., dalla quale si può prescindere il consenso del paziente: il trattamento sanitario obbligatorio comunemente denominato tso. L'argomento del consenso informato in emergenza e urgenza è piuttosto complesso e si incontra anche nei momenti precedenti all'arrivo in ospedale da parte del paziente. Pensiamo all'esempio di una donna in strada in stato di malessere che viene soccorsa da passanti che allertano il 118. All'arrivo dell'ambulanza la donna cosciente ma non perfettamente lucida nega il trasporto all'ospedale. Il personale di ambulanza ha il compito di cercare di convincere la donna ad effettuare il trasporto in ospedale per procedere alle cure che si rendono necessarie per la sua salute. Se la donna continuerà a negare il trasporto in ambulanza il personale 118 dovrà far firmare alla stessa la scheda del 118 sottoscrivendo il rifiuto al trasporto e alle cure, in modo da rispettare la sua volontà (non ci sono documenti che permettono di identificare la persona come incapace). Oppure se il caso è evidentemente grave e la persona risulterà non completamente capace di intendere e volere da parte del personale medico si dovranno allertare le altre autorità in modo da poter disporre di un tso nei confronti della donna e procedere quindi alle sue cure in ospedale.
    Andrea

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  2. Ciao Andrea, grazie per l'utile precisazione. Ci siamo subito resi conto di trattare un argomento particolarmente delicato e complesso e abbiamo cercato di farlo in maniera semplice e lineare con la consapevolezza però di non esaurirlo.

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