martedì 5 aprile 2011

"Federalismo municipale": pregi e difetti della nuova imposta di soggiorno

Come promesso ritorniamo a parlare di federalismo. Se nello scorso articolo abbiamo dato una introduzione generale al concetto di federalismo in questo vorremmo viceversa analizzare uno specifico (e controverso) aspetto del decreto legislativo d.lgs 14 marzo 2011, numero 23, il cd "federalismo municipale".
E' importante comunque tenere sempre a mente le avvertenze fondamentali delineate nel post precedente, cioè che l'Italia non è uno stato federale, che la riforma "regionalista" è stata attuata nel 2001 con la riforma del Titolo v della Costituzione e che il cd "federalismo fiscale", approvato il mese scorso, non è altro che un gruppo di disposizioni attuative di principi già contenuti nel nostro testo costituzionale (precisamente nell'articolo 119 Cost.)
L'articolo 4 del suddetto decreto legislativo al comma 1 crea, per i capoluoghi di provincia e per i comuni turistici e artistici (qualificati come tali nelle rispettive liste delle varie Regioni), la possibilità di istituire, attraverso una deliberazione del consiglio comunale, una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio. Questa eventuale imposta sarà da applicare, continua il testo della norma, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno


L'imposta è facoltativa, ma i comuni potranno, con grande discrezionalità, decidere di far pagare, a chiunque, fino a 5 euro a notte per tutto il corso di un soggiorno. "Coloro" è infatti una dizione ampia che ricomprende i turisti, di qualunque nazionalità, nonché i lavoratori in trasferta e tutti quelli che per qualunque motivo si vengano a trovare in una "struttura ricettiva" (alberghi, residence, etc). La somma dei 5 euro è la massima possibile, ma nella commisurazione reale dell'imposta dovrebbe essere seguito un (non meglio specificato) criterio di proporzionalità che imporrà di considerare in primo luogo il prezzo della camera a notte, per fissare in seguito -caso x caso- l'imposta dovuta.
Ma a cosa serve questa possibilità di imposta comunale?
La ratio è in linea con quella di tutto il decreto e con la stessa definizione economica del "federalismo fiscale": raggiungere una diretta proporzionalità fra soldi in entrata (tasse riscosse) e in uscita (spese) nel bilancio di enti territoriali minori, con un implicito obiettivo di responsabilizzazione degli stessi. In soldoni -e scrivendo in prima persona- se io Milanese pago le tasse  a Milano, voglio che una buona parte di esse rimanga al mio Comune il quale potrà investirle al meglio (qui dovrebbe collocarsi la responsabilizzazione) perseguendo i miei interessi (e dei miei concittadini) in modo più efficace rispetto ad uno Stato centrale (più "lontano" da me).
Seguendo appunto tale idea la norma continua dicendo che il gettito proveniente da questa imposta di soggiorno "e' destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle (stesse) strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali".
Il secondo comma dell'articolo 4 prevede che "l'imposta di soggiorno possa sostituire, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell'ambito del territorio comunale." Come esempi per questa ipotesi ipotizzo una scolaresca in gita o di un viaggio organizzato. Ovviamente la scelta su questa "possibilità" di sostituzione nonché sulla sua "ampiezza" è lasciata sempre alla discrezionalità del consiglio comunale.
Il terzo ed ultimo comma dell'articolo 4 parla, nella prima parte, di una complicata disciplina di uniformazione dei principi generali. Infatti è previsto l'obbligo di adozione di un regolamento (presumibilmente ministeriale) nel termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (7 aprile 2011) che detti una normativa-quadro generale di attuazione della imposta di soggiorno (ad esempio stabilisca dei criteri, validi per tutti i comuni, su come rispettare il criterio di proporzionalità della tassa in base al prezzo del soggiorno). L'adozione di tale regolamento è astrattamente importante al fine di evitare che si instaurino differenze applicative sostanziali sul territorio nazionale nelle modalità di riscossione. Il rischio di differenziazioni è accentuato ancora di più quando la norma continua dicendo che i comuni adottano, tenendo presente i principi generali delineati dal regolamento ministeriale, un proprio regolamento nel quale possono "disporre ulteriori modalità applicative del tributo nonché prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo"
Nella seconda parte del comma viene, infine, definitivamente frustrato il ruolo di garante di una certa uniformità nazionale che dovrebbe essere svolto dal regolamento ministeriale suddetto, si legge infatti che: "Nel caso di mancata emanazione del regolamento previsto nel termine ivi indicato, i comuni possono comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo".
Quindi, dopo tutta questa complicazione burocratica, sia che ci sia, sia che non ci sia il regolamento ministeriale i comuni possono munirsi di autonome modalità applicative della nuova tassa, anche "ulteriori" rispetto a quelle previste in sede centrale. Tutto ciò incorniciato nell'immediato dall'evidenziato rischio di differenze applicative, le quali potrebbero anche, divenire discriminazioni vere e proprie ed essere la base per un numeroso contenzioso fra Comuni e cittadini. La formulazione della norma, così come riportata, non esclude infatti che la disciplina-quadro possa intervenire anche dopo la scadenza dei 60 giorni ed entrare in contrasto con gli eventuali "atti compiuti", in modo diverso, da ciascun comune.
Concludo ponendo un paio di domande a cui associo delle considerazioni ma senza statuire una risposta positiva o negativa nel merito. 

Questa tassa di soggiorno è in linea con i principi del federalismo fiscale che sopra abbiamo ricordato? A ben vedere con questa imposta il Comune preleva soldi non dai suoi cittadini ma da altre persone, quali cittadini di comuni diversi e turisti. Il gettito del prelievo è però investito "localmente" per espressa previsione normativa. Siamo qui, forse, di fronte ad una contraddizione tra il proposito perseguito ed il risultato ottenuto.
Questa imposta, da un lato, avrà effetti positivi diretti in quanto consentirà di aumentare la somma di spesa dedicata alla cura del territorio e delle infrastrutture turistiche ma, dall'altro, potrà avere effetti negativi indiretti quali il contrarsi del flusso turistico e di attrazione del territorio. 
Come devono essere bilanciati tali opposti effetti?
Una norma siffatta presuppone una attenta valutazione (preferibilmente un relazione tecnica) da parte dei Comuni che la vorranno introdurre: da un lato le esigenze di liquidità per finanziare spese di riqualificazione territoriale, ma dall'altro l'esigenza di incentivare il turismo e non allontanarlo prevedendo una spesa extra per il soggiorno. Infatti, al di là del pagamento di tasse dirette, il soggiorno di persone su un territorio porta sempre ricchezza al territorio stesso, anche se magari è nell'immediato più difficilmente quantificabile in quanto diffusa


Interessante collegamento al citato articolo del blog introduttivo e qualificativo del federalismo fiscale:
Qualificazione del binomio :"federalismo fiscale"

Parlando di imposte, attualissima è la tassa sui carburanti per finanziare la cultura nel nostro paese: La ragionevolezza di una tassa: l'ultimissima sui carburanti


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