martedì 7 giugno 2011

Furti d'identità nel "cloud"

Nel corso degli anni il mondo giuridico è sempre stato molto attento ai cambiamenti tecnologici anche se i nuovi fenomeni hanno portato a episodi di aperto contrasto col diritto. 
I diritti fondamentali dell'individuo in rete sono la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto d'autore, il diritto alla privacy e alla sicurezza. Facendo riferimento a quest'ultimo tutti coloro che navigano nel web sono portatori della c.d. libertà informatica, una nuova forma di autotutela della propria identità informatica, ossia il diritto di controllare - conoscere, correggere, eliminare - i dati personali nel web. Detto anche il diritto alla autodeterminazione informativa, che si riferisce alla libertà di determinare chi, che cosa e quando possa conoscere le proprie informazioni.
Oggigiorno si parla del "cloud" ossia di una "nuvola" che trasporta dati e identità degli utenti, spesso per fini positivi e deflattivi di burocrazie, tempi e costi, ma anche ed inevitabilmente per fini negativi o molto meno nobili. In un contesto come questo - astratto e non ancora regolamentato - trovano infatti terreno fertile condotte illecite. Si tratta di conseguenze patologiche del cloud, che così trasporta dati personali di individui senza acquisire precedentemente il più delle volte il loro consenso e che comporta frodi e c.d. furti di identità in internet.

La nostra sicurezza è sempre più in pericolo per colpa di pirati informatici che saccheggiano i dati degli utenti per darli, metterli a disposizione, venderli al miglior offerente. "La nostra vita digitale è in pericolo" si legge sui giornali, poiché i dati che offriamo ai servizi online non sono al sicuro. Con intrusioni nei server di chi offre questi servizi (es. giochi, intrattenimento, musica, film) gli hacker raggiungono le informazioni che cercano, come avviene per gli attacchi alle aziende o strutture governative. L'obiettivo è rubare i dati personali, nomi, indirizzi, email, id e password, numeri di carte di credito per poi venderli sul mercato; i prezzi al mercato nero variano a seconda della completezza e della utilità dell'informazione (es. 70 dollari per una carta di credito con codice di sicurezza, solo 3 dollari per un semplice numero o pochi centesimi per un indirizzo di mail). Il mercato più grande avviene con i furti di email, che servono per inviare alle caselle di posta messaggi spam pieni di virus o con lo scopo di rubare altre informazioni. Tali email sembrano messaggi pubblicitari o anche sembrano arrivare da un amico sotto forma di invito. Non c'è dubbio che i guadagni maggiori si hanno con i furti dei codici delle carte di credito, che vengono usate per un po' di tempo e poi disabilitate. Sebbene i database contenenti i dati siano criptati, questi ultimi riescono comunque ad essere superati e letti dai pirati informatici.
Il crescente numero di servizi online sta ponendo sempre più l'attenzione sui problemi di privacy, sicurezza dati e furti d'identità. Il paese che più li conosce sono gli Stati Uniti, essendo quello più "connesso" al mondo. 
Questo "cloud" di cui parlavamo prima ignora confini e legislazioni nazionali e il business marcia a gonfie vele laddove ci siano norme differenti e sia impossibile trovare la legge applicabile agli eventuali colpevoli. Non a caso l'Unione europea sta lavorando sulla revisione della direttiva sulla tutela dei dati personali (o su un regolamento) che sarà poi applicata, una volta recepita, dagli Stati membri in vista di una uniformazione dei rispettivi ordinamenti.

Per un articolo in cui si parla di un accordo raggiunto tra Facebook e l'antitrust americana su alcune regole che modificano il trattamento dei dati personali degli utenti potete leggere: Come cambierà il trattamento dei dati personali su Facebook?


Collegamento ad un articolo del blog sempre sulla legalità e il diritto applicati ad internet, come nuovo mezzo di comunicazione a-territoriale: Scaricare mp3 o video da internet è legale? 

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