giovedì 23 giugno 2011

L'evoluzione della società e non del diritto: il giuramento decisorio

Capovolgendo il discorso iniziato il 10 giugno scorso "L'evoluzione della società e del diritto: il reato di bestemmia?" (link sotto), nel quale si sosteneva che al cambiamento della società corrisponde spesso un cambiamento del diritto e si portava, tra altri, l'esempio della depenalizzazione della bestemmia da reato ad illecito amministrativo, vorrei oggi costruire un articolo e un ragionamento attorno ad una ipotesi affatto diversa, opposta anzi: un caso in cui, nonostante la società sia profondamente cambiata, le norme e gli istituti del diritto non si sono modificati e permangono tutt'oggi vigenti e vetusti. 
Un esempio lampante di queste norme vecchie è il giuramento decisorio, non solo perché antiche nel tempo (vi sono infatti regole pensate e dettate molti anni or sono ancora attualissime) ma anche perché non più idonee ad essere applicate nella società moderna.
Nel processo civile le parti (attore e convenuto) si trovano contrapposte l'una all'altra, come in una lotta. Entrambe, ognuna per sostenere le proprie ragioni, portano in giudizio dei fatti  a loro favorevoli. Ad esempio se una parte sostiene di essere creditrice di 100 euro sulla base di un contratto di compravendita e di non essere stata pagata nonostante abbia consegnato il bene, pone a fondamento della sua domanda l'esistenza di questo contratto. 
Ma il diritto processuale civile impone alle parti non solo di indicare quali sono queste circostanze fondanti la loro pretesa, bensì esse ne devono anche provare l'esistenza. Nel nostro esempio la parte richiedente, sulla base di un contratto, il pagamento di 100 euro dovrà produrre in giudizio il medesimo contratto scritto come prova. 
Le prove, in generale, sono nel processo i mezzi che le parti usano per convincere il giudice della esistenza e della veridicità dei fatti che loro affermano.
Esse nel nostro ordinamento sono tipiche, cioè sono solo quelle stabilite dalla legge, le parti non possono inventarne di nuove: i documenti, gli atti pubblici o scritture private, la testimonianza, la confessione e il giuramento.
Le parti portano le prove per convincere il giudice, il quale è libero nella valutazione delle stesse (nell'esempio valuterà se il contratto effettivamente contiene una obbligazione di tale tipo) e potrà convincersi o meno della fondatezza dell'obbligo.
Ci sono dei casi però in cui le prove da libere (soggette alla libera valutazione del giudice), diventano legali per scelta del legislatore che compie una valutazione astratta preventiva del loro grado di efficacia probatoria, della loro capacità di essere affidabili. Viene così stabilito a priori, principalmente sulla base dell'esperienza o della logica, l'effetto delle prove legali.
Ad esempio, partendo dal presupposto logico che nessuno afferma un fatto a lui sfavorevole senza che questo sia vero, il legislatore si è sentito di dare piena efficacia probatoria alla confessione.
Proprio tra le prove legali, la cui efficacia è predeterminata dalla legge troviamo il giuramento decisorio. 
Questo è, come nel significato comune del termine, la dichiarazione con cui una parte asserisce come vero un fatto a lei favorevole (il contrario della confessione). Ad esempio "Io giuro che esiste questo contratto sulla base del quale chiedo 100". 
L'articolo 2736 del codice civile dice che:
 "è decisorio il giuramento che una parte deferisce all'altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa"
La norma è ancorata ancora ad una concezione antica in cui il giuramento era un mezzo di decisione finale e di chiusura della causa, quando parla di "decisione....della causa", ma oggi non vi è dubbio che esso sia semplicemente un mezzo di prova della verità anche di singoli fatti rilevanti per il giudizio. Esso però, a differenza della confessione, presenta un minimo di efficacia probatoria naturale: quale quella di una affermazione favorevole alla stessa persona che l'ha fatta! Tuttavia le circostanze che ruotano attorno a questa dichiarazione, tra cui la forma solenne e le sanzioni sociali, penali e religiose che colpiscono il falso giuramento, hanno indotto il legislatore a dargli una efficacia probatoria molto forte.
Esso, anzi, è la prova legale più forte in assoluto, in quanto non può essere superata neanche con un giudicato penale che affermi la sua falsità. 
L'articolo 2738 c.c. infatti dice che:  
"Se è stato prestato giuramento l'altra parte non è ammessa (in nessun modo!) a provare il contrario né può chiedere la revocazione (annullamento e sostituzione) della sentenza qualora il giuramento sia stato dichiarato falso (può domandare solo il risarcimento dei danni)".
Riprendendo le parole di E. T. Liebman, grande processual civilista del '900: "Il nostro legislatore ha mantenuto tutt'oggi il giuramento in questa forma di prova legale, solenne e formale che una parte deferisce ad un'altra.  Ma è sempre molto discussa la possibilità di mantenerla in questa forma. La misura della sua idoneità ad essere un mezzo di accertamento della verità dipende dalle condizioni sociali e morali del tempo e dal valore che vi si può riconoscere ad un impegno d'onore, quale quello che si assume chi giura; e da questo punto di vista qualunque ottimismo sarebbe oggi poco giustificato"

Non per nulla statisticamente il giuramento decisorio risulta quasi mai utilizzato nei processi e se ne giustifica il mantenimento solo come rimedio estremo in caso di assenza assoluta di altre prove. In ogni caso mi sembra evidente che ci troviamo di fronte ad un istituto che non si è evoluto insieme alla società, poiché fa ancora affidamento su un insieme valori che, soprattutto nel mondo delle liti e dei processi, si fanno fatica a trovare tra avversari.

Riporto il collegamento all'articolo citato in apertura che funge sia da introduzione al tema dei rapporti stretti tra diritto e società sia da pendant all'esempio che abbiamo cercato di delineare in questo ultimo articolo: "L'evoluzione della società e del diritto: il reato di bestemmia?"




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