martedì 24 maggio 2011

L'analogia come fonte del diritto?

In un precedente articolo ci siamo occupati di "fonti del diritto" chiedendoci se, nel nostro sistema giuridico, la giurisprudenza dei giudici potesse considerarsi tale. Non esiste una risposta assoluta a questa domanda ma, dopo alcune riflessioni, si può sicuramente dire che i giudici quando applicano le leggi ad un caso concreto devono a questo adattarle attraverso una operazione ermeneutica di interpretazione: in questa operazione i giudici "creano" il diritto.
La risposta  alla domanda "sono anche i giudici creatori di leggi?" sarebbe molto più semplice se ci trovassimo in un paese di Common Law e sarebbe sì.
Magari avrete già sentito questa espressione, essa è una convenzione terminologica per identificare una famiglia di diritti statali in cui la "fonte" principale del diritto,  delle regole di vita per le persone sono proprio i giudici (in particolare le loro sentenze e pronunce). L'espressione è usata in contrapposizione a quella di Civil Law con la quale si indica la famiglia di ordinamenti in cui la fonte principale delle norme è la legge del Parlamento. Bisogna precisare che in entrambi i casi nell'individuare la fonte ci si riferisce alla principale, infatti ogni ordinamento porta sempre dietro di sé una pluralità di fonti che lo producono e non una sola (ad esempio, come dicevo all'inizio, è possibile riconoscere alla giurisprudenza un certo ruolo nella produzione di norme anche nel nostro ordinamento italiano, che rientra tra quelli di Civil law, oppure, nello stesso tempo, in Inghilterra, paese tradizionalmente di Common law, noi possiamo trovare "Acts" (leggi) del Parlamento che pongono regole nuove).
Sebbene l'espressione "Common law" si riferisca ad una famiglia di diritti statali, vi sono altri sistemi giuridici che presentano delle caratteristiche analoghe, dove protagonisti del diritto sono i giudici, con le loro decisioni, e soprattutto anche i giuristi con la loro elaborazione dottrinale. Mi riferisco ad esempio all'ordinamento del diritto islamico od ebraico poiché anche in questi diritti un "legislatore centrale" che fa le leggi, così come noi lo intendiamo, non esiste o assume un ruolo del tutto marginale.

Quando noi pensiamo ad una legge ci viene in mente un testo, fatto di articoli, che è preparato da persone esperte che poi lo approvano, all'interno di una aula parlamentare o di un consiglio comunale, attraverso una procedura specifica. Questa idea è molto meno preponderante nei paesi anglosassoni e addirittura assente nello sviluppo dei diritti religiosi a cui ho accennato, Importanti per essi sono le regole "inventate" e applicate soprattutto dai giudici, per i primi, e quelle elaborate dai giuristi, dagli studiosi di diritto, per i secondi.
Un metodo di lavoro molto importante e comune a quello due soggetti per creare, produrre diritto è quello della analogia.
L'analogia consiste nell'applicare una regola di diritto, già esistente per un caso specifico, al di fuori dei suoi binari, cioè ad un caso differente ma simile in quanto necessitante della medesima regolamentazione giuridica. Se questo è solo  un tentativo di definizione, un esempio tratto dalla tradizione giuridica islamica chiarirà il concetto. E' importante sottolineare che, al di là dell'esempio, il metodo di lavoro è lo stesso anche per i giudici inglesi o americani o per tutti gli altri sistemi che si affidano a questa fonte del diritto.

C'è un versetto nel Corano (legge sacra dell'Islam, così come i Vangeli lo sono per il cristianesimo) che dice:  
"E' proibito bere alcol"
Quale è la ratio (il perché) di questa regola? L'alcol è proibito perché rende incapaci di intendere e di volere, diminuisce i sensi, fa perdere la testa, etc.
Il Corano fu messo per iscritto nel VII secolo d. C. ma è tutt'oggi valido e vincolante per i fedeli. Tuttavia nell'era moderna ci sono delle nuove sostanze, ad esempio le droghe chimiche, che non esistevano ai tempi di Maometto e che quindi non sono prese in considerazione da nessuna regola del Corano: una regola non esiste! La domanda che si pone di fronte al giudice o, nel nostro caso, ad un giurista è: le droghe sono proibite oppure no?
Qui entra in gioco l'analogia e il ragionamento è questo: le droghe hanno gli stessi effetti dell'alcol se non più gravi e quindi è logico pensare che presentino esigenze di regolamentazione identiche a quelle dell'alcol, cioè viene spontaneo pensare che vengano trattate allo stesso modo.
La regola che il giurista ricava da questa operazione reciterà quindi : 
"E' proibito l'uso di droghe chimiche". 
E' questa una regola nuova, che prima non esisteva nell'ordinamento e che è stata prodotta attraverso un metodo che è ben lontano da quello legislativo!
Come sapete il catalogo delle fonti del diritto è quanto mai variegato già nel nostro (come in ogni) ordinamento e a ciò si aggiunge il fatto che sistemi giuridici diversi dal nostro hanno fonti differenti che, tanto comuni per essi, possono essere lontanissime dalla nostra mentalità dominante

Un recentissimo esempio di evoluzione e creazione giurisprudenziale del diritto. Come i giudici lo interpretano e applicano raggiungendo risvolti inconsueti: La Cassazione docet: sì ad una piantina di marijuana sul balcone


Collegamento all'articolo citato in apertura che spiega cosa è una fonte del diritto e si interroga sulla capacità dei giudici di "creare" regole giuridiche nell'ordinamento italiano: La giurisprudenza come fonte del diritto

Se vi è piaciuto l'articolo non dimenticate di aderire gratuitamente al feed di Leggendoci per rimanere sempre aggiornati sul nostro blog!    

Indietro alla pagina Forse non sapevate che

Nessun commento:

Posta un commento