Il prossimo mese, nelle date del 12 e 13 giugno, siamo tutti chiamati, come cittadini italiani, ad esprimere il nostro voto e il nostro parere su ben quattro quesiti referendari riguardanti l'abrogazione di norme che determinano la privatizzazione dell'acqua pubblica, la costruzione di centrali nucleari sul territorio italiano e l'abrogazione della legge sul legittimo impedimento.
Consigliamo la lettura di un precedente post, che delinea in maniera più approfondita l'istituto giuridico che stiamo trattando: "L'istituto del referendum abrogativo e la sua ammissibilità". In poche parole il referendum abrogativo previsto dall'art. 75 della Costituzione è uno strumento di esercizio della sovranità popolare, sancita all’articolo 1 della stessa, e il suo esito - che, se positivo, porta all'abrogazione totale o parziale di leggi o di atti aventi forza di legge - è una fonte primaria del diritto, la quale vincola i legislatori al rispetto della volontà degli elettori.
La Costituzione rinvia alla legge per le modalità di indizione, svolgimento e votazione del referendum ed è all'uopo previsto che esso vada svolto tra il 15 aprile e il 15 giugno. In linea con tale previsione le prossime votazioni sono stati infatti fissate per le date del 12 e 13 giugno, senza però averle unite al voto con le elezioni amministrative del 15–16 maggio. Tale scelta è stata criticata quale enorme spreco di denaro pubblico e come tentativo di non far raggiungere il quorum.
Come abbiamo già spiegato nel summenzionato articolo, in Italia, la partecipazione popolare al voto e in particolar modo ai referendum è piuttosto bassa; di conseguenza chiamare gli elettori a recarsi alle urne per ben due volte in poco tempo potrebbe configuarare un indiretto boicottaggio del voto e, soprattutto, della seconda votazione (in questo caso il referendum). E, dato che per la validità dell'esito (che sia positivo o negativo) del referendum serve il raggiungimento del quorum (c.d. costitutivo), ossia è necessario che vadano a votare il 50% + 1 degli aventi diritto (circa 25 milioni di votanti), si prospetta molto difficile una tal affluenza.
Come abbiamo già spiegato nel summenzionato articolo, in Italia, la partecipazione popolare al voto e in particolar modo ai referendum è piuttosto bassa; di conseguenza chiamare gli elettori a recarsi alle urne per ben due volte in poco tempo potrebbe configuarare un indiretto boicottaggio del voto e, soprattutto, della seconda votazione (in questo caso il referendum). E, dato che per la validità dell'esito (che sia positivo o negativo) del referendum serve il raggiungimento del quorum (c.d. costitutivo), ossia è necessario che vadano a votare il 50% + 1 degli aventi diritto (circa 25 milioni di votanti), si prospetta molto difficile una tal affluenza.
Per questione di completezza i referendum sul legittimo impedimento e sull'energia nucleare sono stati organizzati su iniziativa partitica (IdV) e in parte di associazioni ambientaliste. Invece i quesiti sui servizi idrici derivano da un'iniziativa civica. In ogni caso rientrano tutti nella prima categoria "irichiesta da parte di 500000 elettori" prevista nell''articolo 75 della Costituzione.
Ecco qui di seguito i quattro quesiti, su cui saremo chiamati a votare ed esprimere il nostro parere tra circa un mese, valutati ammissibili dalla Corte Costituzionale. Sebbene contengano un rinvio continuo ad articoli e leggi (in parte omessi), dal risultato ridondante, è necessario prenderne visione.
Ecco qui di seguito i quattro quesiti, su cui saremo chiamati a votare ed esprimere il nostro parere tra circa un mese, valutati ammissibili dalla Corte Costituzionale. Sebbene contengano un rinvio continuo ad articoli e leggi (in parte omessi), dal risultato ridondante, è necessario prenderne visione.
Il quesito numero 1 è sul legittimo impedimento: “Volete voi che siano abrogati l’articolo 1... nonché l’articolo 1 della legge 51/2010 recante “disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?”. Questo quesito, volto all'abrogazione della legge sul legittimo impedimento, è quello dalle possibili ripercussioni politiche più forti.
Il quesito numero 2 è sull'energia nucleare: “Volete voi che sia abrogato il decreto-legge n. 112/2008... recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?”.
Il terzo e quarto quesito riguardano l'acqua pubblica. Il primo è: “Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge n.112/2008 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” (omissis)... Questo quesito riguarda la privatizzazione dell’acqua pubblica, in particolare le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
L'altro è: “Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152/2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?”. Questo secondo quesito sulla privatizzazione dell’acqua riguarda la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.
Non volendo soffermarci su una valutazione nel merito e nell'opportunità politica di questi tre referendum, i punti su cui vogliamo concentrare l'attenzione sono i seguenti. In primis il mancato accorpamento delle votazioni referendarie con quelle amministrative che, come già accennato, comporta un dispendio notevole di risorse statali. In secondo luogo la mancata previsione di un giusto dibattito televisivo, informativo sui quesiti, sulle opinioni favorevoli e contrarie, che lede l'autenticità del voto e la formazione di una consapevolezza dell'elettore su cosa sta decidendo. Un problema questo su cui anche il Presidente della Repubblica si è risentito, a causa di un continuo rinviare l'informazione per i cittadini sulle consultazioni referendarie ad opera del servizio pubblico televisivo.
Infine un ulteriore "attacco" all'istituto del referendum (attacco giuridico si intende, non qualificato come tale per una valutazione nel merito) riguarda la via che si sta cercando di attuare per impedire il voto del referendum sull'acqua pubblica e sul nucleare, con una nuova legge ad hoc. Il Senato ha infatti approvato un decreto legge che elimina molte norme riguardanti le due questioni, rendendo inutile e superfluo il voto di giugno. Ma bisogna ancora attendere il voto della Camera e lo svolgersi dell'iter parlamentare, prima che il testo diventi legge.
Ugo Mattei, professore di diritto civile all'Università di Torino ha avuto modo di dire: "Quali che siano le forme tecniche che si porranno in essere, è del tutto evidente che il solo scopo di questa iniziativa è scongiurare un voto popolare che si teme ampiamente a favore dell'abrogazione definitiva di ogni piano nucleare e delle norme di legge relative alla così detta privatizzazione dell'acqua". Docenti, giuristi, professori di economia e di diritto parlano appunto di impedimento al libero pronunciamento popolare richiesto dai cittadini e di attacco alla democrazia diretta, di cui sopra abbiamo parlato.
Concludendo, come ha affermato il giornalista Michele Ainis, in un articolo sul Corriere della Sera del 7 maggio, la crisi della democrazia diretta cui stiamo assistendo, a causa soprattutto di una sbagliata legge elettorale, richiede un necessario cambiamento di visuale su questo istituto del referendum. Egli parla di "un'antica diffidenza dei politici italiani verso gli italiani. Per loro siamo soltanto un popolo bambino, ciascuno con indosso il suo grembiule. E d'altronde che ne sappiamo noi di questioni scientifiche complesse come l'elettrosmog (su cui votammo nel 2003), la fecondazione assistita (referendum del 2005), o per l'appunto il nucleare?". Aggiunge "il fatto è che la crisi della democrazia diretta, insieme al veleno inoculato dal «Porcellum» (la nostra legge elettorale) sul corpo della democrazia indiretta, ha reso traballanti le nostre istituzioni. Per forza: nessuno può reggersi su una gamba sola, per giunta malaticcia. E ogni democrazia viaggia su due schede, l'elezione e il referendum".
Ciò che a noi preme divulgare è il rispetto della legalità, della giustizia e degli istituti che esistono per perseguirla, tra cui appunto l'istituto del referendum, da alcuni visto come il baluardo della sovranità, da altri come la seconda gamba della democrazia insieme al diritto di voto. Il diritto alle votazioni dei referendum indetti e richiesti dai cittadini non crediamo perciò possa essere violato.
Collegamento all'articolo suddetto, introduttivo sull'istituto giuridico del referendum, che ne delinea la disciplina ex lege: L'istituto del referendum abrogativo e la sua ammissibilità.
Collegamento ad un articolo successivo sull'ammissibilità invece di una legge del parlamento che abroghi la legge oggetto del referendum già indetto: Il rapporto tra il diritto al referendum e la potestà legislativa
Collegamento all'articolo sul diritto di voto, parallelo diritto-dovere del cittadino chiamato a esprimere il suo parere alle urne: Il diritto di voto come una promessa?
Collegamento ad un articolo successivo sull'ammissibilità invece di una legge del parlamento che abroghi la legge oggetto del referendum già indetto: Il rapporto tra il diritto al referendum e la potestà legislativa
Collegamento all'articolo sul diritto di voto, parallelo diritto-dovere del cittadino chiamato a esprimere il suo parere alle urne: Il diritto di voto come una promessa?
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Oltre che sotto il profilo della coerenza politica, non credo che sia possibile, neanche dal punto di vista strettamente tecnico-giuridico, sottrarsi alla consultazione popolare già indetta, attraverso una mera (peraltro vaga) modificazione della disposizione legislativa oggetto di referendum. Difatti credo che sussista una sostanziale differenza tra gli effetti collegati ai due tipi di interventi: da un lato, quello legislativo esprime una volontà abrogativa potenzialmente suscettibile di revoca anche immediata, magari nel volgere di un paio di mesi; d'altro lato, l'effetto abrogativo generato dal referendum non potrà essere rimosso, secondo la dottrina meno rigorosa, almeno per tutto il corso della legislatura. Per cui, credo che, nonostante il dato letterale della normativa primaria referendaria (cfr. art.39 della legge 25 maggio 1970, n. 352 “Se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l’atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l’Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso”), una lettura costituzionalmente orientata della faccenda, dovrebbe spingere la Cassazione a far celebrare comunque il referendum.
RispondiEliminaVoi "Duemacchie" che ne pensate?
Vi abbraccio,
francesco
Stiamo preparando un articolo per una risposta adeguata al tuo bellissimo intervento... un po' di attesa e risponderemo alla tua domanda...
RispondiEliminaun abbraccio doppio