venerdì 4 marzo 2011

Qualificazione del binomio: "federalismo fiscale"

Tema molto caldo nel dibattito politico italiano di questo periodo è il  federalismo fiscale. Dato che, molto probabilmente, sarà uno dei nodi centrali del programma di governo nel prossimo futuro e, se approvato, comporterà un cambiamento importante nell'assetto dei rapporti concreti Stato-Enti territoriali (Regioni, Provincie e Comuni) vorremmo qui iniziare a descriverne alcuni aspetti. Naturalmente, senza pretesa di esaustività e completezza, cercherò di soffermarmi su alcune problematiche giuridiche, non politiche.
Innanzi tutto è da segnalare che il termine "federalismo" è usato in modo improprio.
Dal punto di vista giuridico infatti il federalismo altro non è che:" la tendenza, presente come fenomeno diffuso nella storia moderna, ad organizzare ordinamenti giuridico-politici ripartendo i poteri di comando tipici dello Stato tra enti politici distinti, un apparato di governo centrale e una pluralità di apparati di governo periferici" e ancora "fenomeno storico connesso strettamente con lo Stato, in generale il processo con cui gli ordinamenti tendono a ripartire, in varia misura, verso l'esterno o verso l'interno, i poteri politici" ( G. Bognetti, docente di diritto e scrittore del libro "Federalismo")
Dal punto di vista del diritto possiamo dire quindi che il federalismo è, in via di analisi semplicistica,  un decentramento riferito allo Stato, nel senso che alcuni dei suoi poteri tipici (legislativo, esecutivo, giudiziario) vengono assegnati o, da un lato, ad enti territoriali interni o, dall'altro, ad organizzazioni sovranazionali esterne (ad esempio l'Unione Europea). 
Oggi in Italia dopo la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 siamo già in uno Stato cosiddetto "regionale". Con questa locuzione viene intesa, se si può dire, una "via di mezzo" fra un vero e proprio Stato federale ed uno Stato unitario. Con la su citata riforma costituzionale del 2001 l'autonomia delle regioni e degli enti territoriali minori è stata grandemente estesa e formalizzata in Costituzione, soprattutto assegnando alle regioni un maggiore potestà legislativa.
Come sottolinea anche De Siervo, presidente della Corte Costituzionale: "secondo me e' molto improprio usare il termine federalismo per tutto ciò che sta accadendo in Italia perché lo Stato federale e' una cosa più seria, più grande e più complicata dell'autonomismo degli enti locali. Lo Stato federale e' una cosa che ha una sua storia, una sua consistenza, delle sue caratteristiche, che sono ben lontane da quelle che ci sono qui in Italia; viviamo in uno Stato regionale, disciplinato da norme costituzionali e buone o cattive che esse siano vanno applicate. Quello che io posso testimoniare e' che da una decina di anni c'è una conflittualità impressionante tra Stato centrale e Regioni, una conflittualità irrisolta. Io do i dati dell'ultimo anno, in cui la Corte costituzionale ha fatto più sentenze per i conflitti Stato-Regioni che in tutte le altre materie. E' la prima volta nella storia della Corte e quindi nella storia d'Italia. Questo e' un dato oggettivo che rivela che con la bocca si parla di federalismo, che sarebbe qualcosa di più, e nella realtà si fa qualcosa di meno del regionalismo''.
Quindi, in conclusione, il federalismo nel diritto si riferisce solo allo Stato ed alla sua scelta di organizzazione, in questo caso, interna dei poteri. Si può dire, in linea con molta dottrina giuridica, che il regionalismo rappresenta uno dei vari "tipi di federalismo" che sono attuati negli Stati del mondo ed, in particolare, rispecchia l'esigenza di creare "all'interno dello Stato" (che rimane tale e unitario) dei governi regionali con rappresentanti locali intermedi, responsabili direttamente di fronte alle popolazioni. 
Con tutte queste premesse possiamo far notare che il "regionalismo fiscale" (inteso come tipo del genus federalismo)  in Italia, come scelta dello Stato di decentrarsi assegnando autonomie fiscali agli enti locali, è stato già messo in atto proprio con la riforma del 2001.
L'articolo 119 Costituzione, come modificato in quell'anno, fornisce infatti la base giuridica dei decreti oggi in fase di discussione e formazione in Parlamento per l'attuazione concreta di tale norma.
Recita infatti nei suoi commi:
"I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante."
Se dal punto di vista giuridico il termine "stona" per quanto su evidenziato, esso trova invece una collocazione più corretta in ambito economico come tematica di Scienza delle finanze. La definizione di "federalismo fiscale",  diffusa su Wikipedia ed avallata da altre fonti, è infatti quella di un "sistema economico e politico che prevede un rapporto direttamente proporzionale tra le imposte riscosse in un territorio (comune, provincia, Regione, Stato) e quelle effettivamente impiegate, nel tentativo di promuovere le autonomie locali e creare un coordinamento tra i vari livelli amministrativi e di governo, tagliando gli sprechi e responsabilizzando gli enti." 
Il termine giuridico "federalismo" è un modo di essere di uno Stato e può esistere solo in sua presenza, non è invece sinonimo di una sua partizione. L'aggettivo "fiscale" che gli viene messo vicino è un termine economico, in questo ambito associato ad un termine di diritto. L'accostamento che si viene a creare pare essere, per la manovra che si vuole attuare, forse più accattivante che corretto.
In conclusione vorrei  sottolineare, come anche il giornalista Romano sul Corriere, che spesso "le contrazioni e le abbreviazioni appartengono alle consuetudini linguistiche" ma portano purtroppo ad un'erronea qualificazione. E così una spremitura, una riduzione di ogni tema o concetto ad una definizione "binomiale", sbrigativa e dotata di "sex-appeal" per il lettore è più spesso fonte di disinformazione che di informazione, poiché passa di bocca in bocca un concetto sbagliato o, quantomeno, improprio.

Per l'intervista completa a Ugo De Siervo, presidente della Corte Costituzionale, potete andare QUI

Un successivo articolo del post indaga in particolare una norma del decreto sul federalismo municipale, quella che inserisce una nuova tassa sul turismo, per la sua lettura: "Federalismo municipale": pregi e difetti della nuova imposta di soggiorno" 

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