martedì 22 marzo 2011

La Pubblica Amministrazione digitale: un giro di boa per la nostra PA o un'ennesima lettera morta?

Il 10 gennaio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, con cui il governo, alla fine dello scorso anno, ha introdotto il nuovo codice dell’amministrazione digitale. L'entrata in vigore del decreto è avvenuta il 25 gennaio di quest'anno.Secondo il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, una nuova normativa che aggiorni il vecchio codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82) è necessaria sia per adeguarsi alle moderne tecnologie informatiche sia per attuare i contenuti della “riforma Brunetta” (decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150) e i suoi principi ispiratori: meritocrazia, premialità, trasparenza e responsabilizzazione dei dirigenti nella PA. 

Veniva sostenuto da varie voci che “i cittadini e le imprese richiedono mezzi più snelli, rapidi e meno costosi per comunicare con le pubbliche amministrazioni” e quanto sia "necessario mettere a disposizione delle amministrazioni e dei pubblici dipendenti strumenti (soprattutto digitali) in grado di incrementare l’efficienza e l’efficacia dell’intero sistema pubblico” 
Questo nuovo Cad (codice dell'amministrazione digitale) risponde cosi al proposito di modernizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione, per mettere a disposizione dei pubblici dipendenti strumenti in grado di incrementare l'efficienza e l'efficacia del loro modo di lavorare. L'obiettivo è la semplificazione della burocrazia amministrativa. 
Bisogna porre fine a procedure interminabili che continuano a gravare il nostro paese per i costi e gli eccessivi adempimenti che scoraggiano l'afflusso di capitali internazionali.
Le principali novità riguardano l'assetto organizzativo con l'istituzione di un ufficio responsabile delle attività ICT (Information and Communication Tecnology), la informatizzazione dei procedimenti e degli atti, la semplificazione dei rapporti con i cittadini e le imprese, tramite pagamenti informatici, firme digitali, dematerializzazione dei documenti, siti web istituzionali trasparenti.
La diffusione di soluzioni tecnologiche e organizzative nuove per la PA consentirà un forte recupero di produttività e, quindi, riduzione dei tempi per le pratiche, dei costi della giustizia (grazie alle notificazioni telematiche), dell'uso di fogli (grazie alla dematerializzazione); inoltre risparmi dei costi di carta e dei costi di spedizione di atti e documenti ai cittadini, grazie all'utilizzo della Posta Elettronica Certificata (PEC), la quale garantirà anche minori tempi e spazi per l'archiviazione. 
Le intenzioni del nuovo codice sono estremamente condivisibili: tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali dovranno adeguarsi ai nuovi registri tecnologici, predisposti dal decreto -quali l'utilizzo della PEC, di documenti informatici, ecc...- rispettando delle scadenze temporali. 
Questo passaggio dalla carta al digitale avverrà in pochissimi mesi. Tanto più che, una volta che il sistema sarà entrato a regime, le pubbliche amministrazioni avranno l'obbligo di utilizzare solamente moduli e formulari preventivamente pubblicati sui propri siti istituzionali e il cittadino dovrà fornire loro i propri dati una sola volta attraverso strumenti informatici.
E' indiscutibile il risparmio che ne deriverebbe, un aspetto di non poco conto in un contesto di crisi economica generale e di debito pubblico statale eccessivamente elevato, quale è nella situazione odierna.
All'apparenza sembra un decreto legislativo impeccabile, perfetto, moderno ed efficace, ma non manca, nelle norme che lo compongono, di incongruenze e limiti intrinseci.
Nella elaborazione del nuovo documento non si riscontrano elementi di importanza non secondaria: non è prevista infatti alcuna autorità incaricata di controllare che i tempi e soprattutto gli obblighi  previsti dal nuovo CAD vengano rispettati. E non è contemplata alcuna sanzione verso gli enti che non rispettino le prescrizioni del decreto.
E' lecito dubitare che le intenzioni possano tradursi in risultati efficaci. La paura di una sanzione avrebbe, in astratto, sicuramente garantito un impegno più serio delle amministrazioni nel conformarsi alle novità.  Meglio ancora avrebbe agito la previsione di premi e incentivi per gli uffici virtuosi. 
Il nuovo Cad manca di concretezza in alcuni punti. Manca, ad esempio, una individuazione di linee guida e regole tecniche, laddove invece indicazioni operative chiare e comuni servirebbero proprio per orientare ciascun ente verso il conseguimento dei risultati fissati entro le scadenze indicate. Il Codice non prevede, inoltre, alcun supporto (ad es. economico) verso i comuni più piccoli al fine di ridurre il "digitaldivide" fra enti di diversa dimensione.  

"Si tratta di criticità importanti, all'interno di un documento che avrebbe potuto realmente consentire un giro di boa per la Pa italiana e l'intero sistema dei suoi stakeholder, ma che rischia invece, alla stregua dei documenti che l’hanno preceduto, di restare lettera morta, rendendo necessaria l’elaborazione, a distanza magari di pochi anni, di un nuova normativa in grado di traghettare la pubblica amministrazione verso un reale rinnovamento." Claudio Russo - ricercatore e consulente presso il Politecnico di Milano nel settore della Pubblica Amministrazione, studia modelli gestionali a supporto dell’innovazione tecnologica e organizzativa. 
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