venerdì 3 febbraio 2012

Estradizione e mandato d'arresto europeo: alcuni aspetti processual penalistici della integrazione europea

Sono stati attuati negli ultimi anni una serie di importanti interventi normativi in materia processual penalistica volti ad introdurre nel nostro ordinamento istituti che favoriscano la collaborazione tra Stati membri dell'Unione Europea, abbattendo alcune delle molteplici barriere esistenti nella lotta alla criminalità. Sto parlando del mandato di arresto europeo e del mandato europeo di ricerca della prova. La loro introduzione in Italia è già avvenuta, per quanto riguarda il primo con la legge n.69/2005 mentre, per il secondo, dovrà avvenire presto, discendendo dall'obbligo di adempimento del nostro Stato per l'attuazione delle Decisioni Quadro 2002/584/GAI e 2008/978/GAI. A ben vedere anzi il termine per il recepimento di quest'ultima è già scaduto, esponendo il nostro paese a responsabilità verso l'Europa. 
L'Unione Europea opera con differenti gradi di influenza sugli ordinamenti dei suoi stati membri. In virtù del principio di attribuzione essa esercita solo quelle competenze che gli Stati stessi le hanno attribuito, emanando atti normativi differenti, destinati ad influenzare in modo maggiore o minore la attività legislativa dei vari Stati. Con un regolamento, ad esempio, le istituzioni comunitarie dettano regole direttamente applicabili in egual modo nei vari Paesi; con una direttiva invece l'UE è solita dettare delle norme che si presentano, in linea di massima, come linee guida da rispettare in un successivo (e obbligatorio) intervento legislativo di ciascuno Stato (c.d. di attuazione della direttiva). Con la direttiva quindi l'UE interviene in modo meno netto sugli ordinamenti degli Stati e il risultato finale dovrebbe essere quello di ottenere un'armonizzazione delle legislazioni sull'argomento oggetto della direttiva: una serie di leggi sì diverse ma incanalate nei medesimi argini dettati dall'alto. In determinati ambiti, per quel che qui rileva il campo della "Giustizia e Affari Interni" (GAI), l'UE opera (o per lo meno così avveniva fino all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009) con il particolare strumento della Decisione Quadro: questa in sostanza si comporta come una direttiva ed è quindi in attuazione di queste che gli istituti di cui sopra sono entrati a far parte del nostro ordinamento. Per quanto riguarda il mandato di arresto europeo esso si pone come procedura sostitutiva e burocraticamente più snella della richiesta di estradizione. È questo l'istituto per cui uno Stato richiede ad un'altro la consegna di un soggetto al fine di fargli scontare una pena già comminatagli oppure al fine di processarlo per uno specifico reato che lui ha commesso sul suo territorio (un esempio attuale è la richiesta da parte dall'Italia al Brasile di estradare il terrorista Cesare Battisti  per processarlo sui reati che si presume abbia commesso). Si distingue tra estradizione attiva e passiva a seconda che lo stato compia o riceva la richiesta. Le regole che presiedono la concessione della estradizione sono piuttosto complesse e, soprattutto, presentano rilevanti intromissioni da parte delle autorità amministrative che compiono valutazioni politiche sulla opportunità o meno di concederla. Inoltre le richieste sono classicamente inoltrate per via diplomatica il che le rende piuttosto lente. Il mandato di arresto europeo è un meccanismo introdotto per semplificare tutti questi aspetti nel caso in cui la richiesta di consegna avvenga tra due Stati membri e il soggetto sia localizzato in uno di questi. Il mandato viene emanato direttamente dal giudice di uno Stato membro, senza alcun intervento dell'autorità amministrativa e con conseguente riduzione dei tempi e dei filtri alla lotta alla criminalità "transfrontaliera".
L'istituto accennato mira ad essere uno degli strumenti attuativi dell'obbligo di collaborazione tra Stati dell'Unione Europea in materia di giustizia. L'UE nata  negli anni '50 del secolo scorso come istituzione economica, con l'obiettivo di creare un mercato comune unico, è col tempo cresciuta sia nel numero degli Stati membri che la compongono sia nella qualità di integrazione che essa stessa intende creare. Negli anni '90 è diventata anche unione monetaria (con l'Euro), poi finanziaria (basti pensare alla Banca Centrale Europea con a capo, ad oggi, l'italiano Mario Draghi), poi unione normativa (con i sempre più numerosi e incisivi interventi del Consiglio e Parlamento europeo). Si è alla ricerca infatti di uno stabile equilibrio a livello europeo per quanto riguarda la materia governativa, a colmare le lacune di una integrazione ancora non piena, che mantengono le loro riserve a non diminuire, soprattutto in materie di ordine pubblico, i rispettivi poteri territoriali. Uno dei numerosi ambiti in cui più si preme è appunto una uniformazione delle norme processuali penali di cui il mandato d'arresto è solo un importante esempio, ma fin quando  una uniformazione, una conformazione delle norme interne degli stati non potrà avvenire ci si affida ai sistemi di collaborazione tra gli stessi. 

Per un diverso articolo in cui parliamo di un "indiretto" intervento della Unione Europea nel campo, sempre, della giustizia penale e, precisamente, con riguardo alla pena di morte, vi consigliamo: l'Unione Europea non più complice con la pena di morte

Se vi è piaciuto l'articolo non dimenticate di aderire gratuitamente al feed di Leggendoci per rimanere sempre aggiornati sul nostro blog!    

Indietro alla pagina Temi giuridici

Nessun commento:

Posta un commento