mercoledì 12 ottobre 2011

Al Capone punito dalle norme sull'evasione fiscale


“Corruzione” è lo slogan della vita americana oggi. E’ la legge, quando non si rispetta altra legge. Sta minando il paese. In tutte le città, i legislatori onesti si contano sulle dita delle mani. Quelli di Chicago, poi sulle dita di una mano sola! La virtù, l’onore, la verità e la legge sono scomparsi. Siamo tutti imbroglioni. Ci piace “farla franca”. E se non riusciamo a guadagnare il pane in modo onesto, lo facciamo in un altro modo.
Al Capone

Un tema caldo in questo periodo ma non solo, essendo un fenomeno radicato sul nostro territorio e quasi inestirpabile, è l'evasione fiscale. Si cerca di scovarla, combatterla, eliminarla ma sono necessari i giusti strumenti e l'effettività degli stessi, non bastano principi o mere volontà.
Dando uno sguardo oltreoceano, negli Stati Uniti in particolare, l'evasione fiscale viene punita con pesanti sanzioni finanziarie e con la detenzione, laddove il giudice appuri la presenza di frode (falsificazione di documenti fiscali per evadere le imposte) ovvero la consapevole intenzione di violare le leggi sul pagamento delle imposte. 
A essere determinante non è dunque l'ammontare dell'evasione ma la volontà di commetterla. Negli USA la frode come reato viene commesso quando il contribuente fa pervenire all'ente per la riscossione delle imposte informazioni fraudolente sulla propria dichiarazione dei redditi e poi, in base all'entità e alla gravità della frode, si può essere condannati, alla fine del processo, alla restituzione della somma dovuta (con una penale aggiuntiva pari al 75% del dovuto) e anche alla prigione.
Sono all'ordine del giorno casi di amercani che vengono condannati alla pena detentiva per non aver dichiarato e non aver pagato allo Stato quando fosse dovuto.
Il caso storico senza dubbio più noto riguarda Al Capone, il gangster italo americano responsabile di delitti vari, di ogni sorta di reati, ma che l'autorità giudiziaria americana riuscì a condannare nel 1931 solo per evasione fiscale.
Come si evince dalle parole di Al Capone la corruzione in quel periodo coinvolgeva tutti, personaggi pubblici e privati che fossero, e per il boss risultava facile comprare ogni silenzio o conoscenza, in modo tale da impedire che la sua attività illecita venisse  intercettata e interrotta. Solo grazie ad una diversa strategia investigativa di John Edgar Hoover, a quel tempo direttore dell' FBI, il Federal Bureau of Investigation, si riuscì a bloccare l'espandersi ulteriore del suo impero illegale. L' FBI non poteva fare alcun intervento contro chi non commetteva violazioni delle norme federali. Un gangster poteva ammazzare anche mille persone, ma l'FBI non poteva "muovere un dito", non essendo l'omicidio (come non lo è tutt'ora) un reato "federale", bensì uno previsto dalle leggi penali dei singoli stati dell'Unione. Hoover però si rese conto che le autorità locali non erano in grado di perseguire Al Capone: la corruzione era uno dei più grandi e diffusi reati, coperti da omertà e scambi di favori, soprattutto a livello locale. Allora capì che il boss andava colpito con le leggi fiscali, poiché da anni pagava tasse ridicole al confronto dei suoi guadagni reali. Era la fine di ottobre del 1931: Al Capone varcava il portone del carcere di Alcatraz, sconfitto da una durissima sentenza che lo condannava a 11 anni di detenzione. 
 
Riportando oggi il racconto di questo insolito esempio auspichiamo che anche i più incalliti evasori fiscali nel nostro paese possano un giorno essere trovati e condannati. Nel caso di Al Capone la polizia ci si mise d'impegno, occorre che lo stesso se non maggiore venga impiegato anche nella nostra attività investigativa per ottenere frutti soddisfacenti.

Se vi è piaciuto l'articolo non dimenticate di aderire al feed di Leggendoci per rimanere sempre aggiornati sul nostro blog!    

Indietro alla pagina Diritto e pensieri

Nessun commento:

Posta un commento