sabato 8 gennaio 2011

Preferenze localistiche: discriminazioni d'oltreoceano

San Francisco, la città delle rivoluzioni studentesche e politiche, dell'avanguardia e della modernità tecnologica, dell'amore universale e dei poeti maledetti, "si oppone" ai non residenti.
Dal giorno della vigilia di Natale, a causa di una delibera del consiglio comunale, nella città geograficamente e politicamente più a sinistra degli Stati Uniti per chi non è residente trovare un impiego è diventato durissimo: il 50% di tutti gli appalti pubblici e di tutti i posti di lavoro nelle amministrazioni dovranno d'ora in poi essere riservati ai residenti che pagano le tasse locali. Fino all'antivigilia di Natale la quota era soltanto il 20%.
San Francisco non è la prima città americana a istituire le quote dei residenti, molte altre contee - le "nostre" province - e città vogliono che i contribuiti fiscali tornino a loro.

Dalla capitale Washington, dove il personale della polizia metropolitana e degli uffici pubblici ha l'obbligo di residenza nella città, a Denver, nel Colorado, dove è in vigore una norma sulla ricostruzione urbana riservata agli abitanti e ai residenti legali, sistemi di quote e preferenze localistiche stanno diffondendosi in una nazione che si vanta di non discriminare fra razze, generi, religioni, status legale o preferenze sessuali.

Questo esempio di politica d'oltreoceano può ben servire per comprendere quali siano i motivi e gli scopi che hanno condizionato la nascita dell'Unione europea. La sua attività che si esplica tramite gli atti adottati dalle sue istituzioni e con il continuo formarsi di nuovi principi, valori e libertà, testimonia come l'unione di più Stati possa favorire politiche di uguaglianza e di non discriminazione. Per chi non comprendesse la ratio di questa "Comunità", per chi (purtroppo a mio parere) la ritiene una mera istituzione politica o peggio un assemblamento di burocrazie inefficienti e inutili, può trovare una spiegazione ai propri dubbi conoscendo del comportamento di altri Stati.
I trattati europei sanciscono la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. Due libertà che permettono alle persone che esercitano attività non salariate (commerciali, industriali, artigianali o libere professioni) e agli operatori economici, stabiliti nel territorio di uno Stato membro, di esercitare un’attività economica in ogni altro Stato membro in due forme. 
La prima prevede che sia le persone fisiche che le persone giuridiche costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro possano svolgere un’attività economica in un altro Stato membro su base stabile e continuativa (libertà di stabilimento), la seconda forma prevede invece che gli stessi soggetti possano offrire e fornire i loro servizi in altri Stati membri attraversando i confini temporaneamente, ma restando stabiliti nel loro paese d’origine (libera prestazione dei servizi). 
Ciò implica, come presupposto, l’abolizione di ogni discriminazione basata sulla nazionalità, che l'Unione europea ha sin dal suo principio voluto eliminare come primo passo per la formazione di una "comunità di Stati". La libertà di stabilimento e prestazione di servizi rappresentano i principi cardine per lo sviluppo di un mercato unico sempre più integrato e globalizzato, che vada oltre i confini degli Stati e i localismi geografici.
Ogni discriminazione è un passo di allontanamento e isolamento del Paese che la applica, mentre le libertà di circolazione di persone e attività che l'Unione europea garantisce sono strumento di coordinamento, avvicinamento tra i Paesi e i loro popoli. Passi verso un'integrazione per il futuro, non di retromarcia e chiusura in sè stessi.


Per la lettura di un articolo in cui mettiamo in evidenza un altro aspetto positivo della integrazione europea: L'importanza del dialogo fra i giudici

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