giovedì 1 dicembre 2011

Mutuo: ciò che è mio diventa tuo

"Unde etiam mutuum appellatum est, quia quod ita tibi a me datum est ex meo tuum fit" - Gaio II d.C.

Il mutuo sembra essere uno dei contratti oggigiorno più usati per la sua caratteristica di permettere un prestito di denaro. Per dirla banalmente un soggetto presta una somma di denaro ad un altro soggetto che si obbliga a restituirla successivamente, entro un dato termine e normalmente in modo dilazionato. 
Dal punto di vista giuridico il mutuo è un contratto reale, che si perfeziona con la consegna della res, ossia del bene oggetto del contratto: denaro o beni fungibili (che si possono pesare, contare, numerare).
I contratti reali si contrappongono alla categoria dei contratti consensuali i quali, invece, si perfezionano con il mero scambio del consenso tra le parti, quale ad esempio la compravendita. Affinché sia concluso il contratto di compravendita (e l'acquirente diventi proprietario del bene) basta l'accordo delle parti e il loro consenso a porre in essere il contratto, mentre nei contratti reali serve anche la consegna del bene. Questa differenza tra contratti reali e consensuali sussiste per la valida conclusione del contratto ma, una volta perfezionati, entrambi producono obbligazioni in capo alle parti, ad esempio nella vendita in capo al venditore sorge l'obbligazione di consegnare e in capo al compratore sorge l'obbligazione di pagare il prezzo. 

Il mutuatario quindi, nel contratto di mutuo, diventa proprietario del denaro o dei beni fungibili appena questi vengono a lui consegnati. Una volta concluso il contratto di mutuo sorge in capo a lui l'obbligazione di restituire successivamente al mutuante non gli stessi soldi, ma altri nella stessa quantità. La richiesta di denaro è fatta proprio al fine di poter usare quella somma e per poterla spendere occorre esserne proprietari. Il mutuo è per questo un contratto ad effetti reali (esso è quindi sia un contratto reale, come abbiamo visto, sia a effetti reali, due definizioni distinte), nel senso che trasferisce la proprietà della res dal mutuante al mutuatario (da notare che anche la compravendita, sebbene sia un contratto consensuale, è anche un contratto a effetti reali). I contratti a effetti reali si differenziano dai contratti a effetti obbligatori che non trasferiscono la proprietà di un bene (o altri diritti reali), bensì una volta conclusi fanno sorgere solo obbligazioni in capo ai contraenti. Ad esempio con il contratto di locazione una parte (locatore) si obbliga a far utilizzare all'altra parte (conduttore o locatario) una cosa per un dato tempo, in cambio di un determinato corrispettivo.  
Nel nostro codice civile in mutuo è disciplinato all'art. 1813: 
"Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità". 
La causa del mutuo, la funzione economica sociale del contratto, è il prestito di consumo del bene. La causa  non è da confondersi con i motivi del mutuo, che spingono la parte a concludere il contratto. I motivi sono le ragioni personali, irrilevanti per l'ordinamento giuridico, e possono variare da contratto a contratto, ad esempio un soggetto può decidere di stipulare un contratto di mutuo per comprare una casa mentre un altro soggetto può avere benissimo un altro obiettivo; a differenza della causa che invece rimane la stessa per ogni mutuo, e consiste nella funzione del contratto rilevante per l'ordinamento giuridico.

Il giurista romano Gaio del II sec. d.C. scriveva così sul mutuo nelle sue Istituzioni, libro 3, paragrafo 90: 
"Re contrahitur obligatio veluti mutui datione. Proprie in his rebus contingit, quae pondere numero mensura constant, qualis est pecunia numerata vinum oleum frumentum aes argentum aurum"
Gaio dice che "una obbligazione si contrae re, come ad esempio nella dazione a mutuo (come abbiamo detto prima con il passaggio della res), che consiste propriamente in quelle cose che si pesano, contano e misurano quali ad esempio il denaro, il vino, l'olio, il frumento, il bronzo, l'argento e l'oro." Continua poi dicendo:  
"quas res ut numerando aut metiendo aut pendendo in hoc damus, ut accipientium fiant et quandoque nobis non eaedem, sed aliae eiusdem naturae reddantur" 
"e proprio queste cose quando le contiamo, misuriamo, pesiamo, le diamo allo scopo che diventino degli accipienti (di coloro che le ricevono) e quando sarà il momento siano restituite a noi non le stesse cose ma altre della medesima natura."
Leggendo la traduzione del testo del giurista latino sembra proprio che l'articolo del codice civile prima riportato non sia altro che un riassunto conciso di quando già il diritto romano ben conosceva e spiegava. Anzi, leggere le fonti e le parole dei giuristi antichi serve anche, in un'ottica comparatistica, a confrontare come, rispetto a noi, la pensavano un tempo riguardo agli stessi nostri istituti. Non si può negare come ciò che Gaio scrisse, soprattutto nel passo riportato qui di seguito, sia esplicativo al massimo della stessa definizione del contratto di mutuo: "unde etiam mutuum appellatum est, quia quod ita tibi a me datum est ex meo tuum fit" ossia "per questo si  chiama mutuo" dice Gaio "perché ciò che da me viene dato a te in questo modo, da mio diventa tuo".

Per un articolo che parla di diritto romano, descrivendone alcuni istituti in una logica comune e ponendo l'accento sulla sua evoluzione di matrice giurisprudenziale, potete leggere: "Il diritto romano antico era un diritto di common law?"

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