In Danimarca
il nuovo governo ha deciso di combattere la crisi tassando i principali vizi
del suo popolo, per finanziare la ricerca, l'educazione e una parte del welfare.
Il fumo, l’alcol, le bibite e i dolci nuociono gravemente alla salute, ma
potrebbero fare bene alle casse dello stato, questo sarà stato il pensiero del
trentottenne ministro delle finanze Bjarne Corydon, prima di progettare il suo
stravagante e alternativo piano di risanamento dell'economia nazionale.
Il governo danese alcune
settimane fa ha infatti introdotto la c.d. "fat tax", un balzello su tutti i
cibi che contengono una percentuale elevata di grassi saturi e dal prossimo
gennaio una nuova "sin tax", con la quale anche i prezzi delle
sigarette, alcolici, bibite e alcuni dolci (cioccolata, marmellata…) subiranno
rialzi nel paese. La manovra predisposta non è andata esente da critiche, in
particolare da parte dei produttori, che adducono la consequenziale e negativa
ricaduta sui commerci interni in Danimarca.
Ma con queste decisioni di
politica interna anche un altro paese europeo, dopo la Svizzera, decide di
fronteggiare la crisi investendo direttamente in settori determinati, quali ricerca
e innovazione,e lo fa tassando proprio i vizi dei suoi cittadini. Queste sin tax (imposte
sui vizi) hanno suscitato sin da subito l'interesse di paesi quali Regno Unito,
Francia (dove dal primo gennaio ogni lattina di bibita costerà circa 2
centesimi in più), Ungheria, Finlandia e Romania. Tutti spinti principalmente
ad agire, tramite codesti inusuali rimedi, proprio in virtù dei costi sanitari
crescenti, e delle percentuali in aumento di obesità e malattie dovute alla non
corretta alimentazione.
Come ha scritto Luca Spinelli su La Stampa “le imposte su sigarette, alcolici e dolci
sono la ricetta per aiutare le economie locali e finanziare l’innovazione”.
Infatti oltre
l’intento precauzionale, medico ed etico di questa manovra danese, non è da
sottovalutare la destinazione dei proventi che si ricaveranno da queste nuove
imposizioni. I principali obiettivi saranno infatti il settore della ricerca, la creazione di nuovi posti per studenti
universitari ogni anno, il raggiungimento per almeno il 60% dei giovani di un
livello di istruzione universitario, e cosi molte altre iniziative
nel medesimo raggio d’azione. Nel piccolo paese nordeuropeo (che conta una
popolazione pari circa alla metà di quella della Lombardia) le sue due università,
quella di Copenaghen e quella di Aarhus, classificate tra le 100 migliori al
mondo, da gennaio riceveranno una parte del loro sostegno direttamente da tutti
quei cittadini che conducendo uno stile di vita “malsano” rimpingueranno le
casse dello Stato.
“Dopo
il governo danese, anche quello britannico di Cameron sta seriamente pensando
di mettere una tassa sul burro e sui cibi unti, con l’obiettivo moraleggiante
di convertire eserciti di obesi al pinzimonio e la speranza cinica di
utilizzare la gola dei grassoni per rimpinguare le casse emaciate dello Stato.
Mi rendo conto che nei periodi di vacche magre tutto fa brodo, soprattutto i
grassi. … (ma) ho la ragionevole certezza che… i denari ricavati dalla ciccia
(prima di finanziare ciò per cui sono state inventate si possano perdere) fra i
muscoli flaccidi del corpaccione burocratico, andando a rimpinguare la pancia
mai sazia dei corrotti. Perché allora non finanziare con le tasse sui vizi una
riduzione delle imposte sulle virtù? Se lo Stato vuole spingerci a
comportamenti salutisti, otterrebbe molto meglio il suo scopo aiutandoci a
pagare di meno le cose che fanno bene. Le quali, dalle energie pulite ai cibi
biologici, sono invece le più care di tutte. Inchiostro
sprecato, lo so. Se la parificazione del burro agli alcolici è un formidabile
segno dei tempi, rimane vecchissima la soluzione proposta: risolvere ogni
problema mettendoci sopra un balzello. Un difetto da cui la politica obesa non
vuole guarire. Tanto la tassa sui suoi vizi la paghiamo noi”. Queste le parole
di Massimo Gramellini tratte da un suo articolo su La Stampa del 11/10/2011.
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grazie per questa informazione...
RispondiEliminaIo mi chiedo come rendere i prodotti biologici più accessibili a tutti.