mercoledì 14 settembre 2011

Violazioni dei diritti umani nelle carceri?





L'Italia è uno stato democratico, membro dell'Unione Europea, dell'ONU e di molte altre organizzazioni internazionali a difesa dei diritti umani, firmataria di appelli contro la pena di morte, in prima linea per ogni manifestazione pro libertà e democrazia, ma siamo sicuri che  sia, anche al suo interno, realmente un paese civile?  Se dovessimo rispondere a questa domanda guardando nelle carceri sparse sul nostro territorio ci renderemmo tristemente conto di una cruda realtà e la risposta da dare sarebbe negativa. 

In particolare nel carcere di Lecce, dove il sovraffollamento porta alla convivenza di tre detenuti in una cella da uno, è stato il magistrato di sorveglianza a decretare l'inciviltà della struttura per la violazione di norme di diritto positivo penitenziario e dei più basilari diritti umani.

Nell'ordinanza che accoglie il ricorso dell'avvocato a difesa di un detenuto si legge che, nel penitenziario salentino, "si sono verificate lesioni della dignità umana, intesa come adeguatezza del regime penitenziario, soprattutto in ragione dell'insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione". Negli appelli rivolti al giudice di sorveglianza si contesta la violazione di diverse norme che regolano la detenzione: la Legge Gozzini 354 del 1975, il Dpr 230 del 2000, la Convenzione europea sui diritti dell'uomo, le raccomandazioni del Comitato permanente contro la tortura (che fissano in 7 metri quadrati lo spazio minimo da riservare ad ogni detenuto). 

La Corte di giustizia europea ha sancito il diritto delle persone che sono state in carcere ad essere indennizzate per l'ingiusto trattamento subito e proprio nel luglio 2009 aveva già sancito il diritto dei detenuti a vivere in spazi adeguati liquidando un cospicuo risarcimento a un uomo vissuto in una cella di 3 metri quadrati. Mentre prima solo il giudice di Strasburgo era il destinatario privilegiato dei ricorsi da parte dei detenuti, l'ordinanza del giudice leccese diventa oggi un importante spartiacque, indicando il magistrato di sorveglianza (primo giudice deputato ad applicare le norme che regolano l'ordinamento penitenziario) come naturale referente per chi ritiene lesi i diritti minimi durante il periodo in cui è venuto a trovarsi dietro le sbarre. Si tratta della prima sentenza del genere in Italia, realmente rivoluzionaria, che segna un punto di partenza considerevole e un "precedente" da non sottovalutare.


Loculi di 11 metri quadrati, nei quali sono ubicati un letto a castello a tre piani, armadietto, tavolo, tre sedie, gabinetto e lavandino, e nei quali gli "ospiti" riescono a stento a muoversi. Una situazione civile questa? No. Anzi, una situazione insostenibile, più volte denunciata e poi trasformata in numerosi ricorsi contro la condizione inumana e degradante della struttura. Ciò che la sentenza ha decretato è il risarcimento del danno esistenziale in favore del recluso, ossia un risarcimento di natura economica dei danni non patrimoniali, a carico dell'amministrazione penitenziaria per 220 euro. La cifra in sé è risibile ma il precedente importantissimo. Per il detenuto che ha presentato l'esposto e per gli altri che lo hanno seguito a ruota, almeno una quarantina, tutti ristretti nel carcere di Lecce, dove si guarda con preoccupazione all'effetto domino che la decisione del Tribunale di sorveglianza potrebbe causare. Se ognuno dei 1350 detenuti presentasse ricorso, infatti, l'amministrazione penitenziaria pugliese potrebbe essere costretta a pagare una cifra considerevole.

Per un articolo che racconta di una personale esperienza in visista al carcere di Praga Pankrac potete leggere: "Praha-Pankrac: viaggio dentro una prigione moderna"


Per un recente post che parla anch'esso di diritti umani ma in un contesto differente, quale quello del dibattito politico, potete andare QUI 


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