giovedì 11 agosto 2011

L'Italia da paese di emigrazione ad uno di immigrazione nell'evoluzione del diritto

Il diritto internazionale privato è un ramo del diritto che cerca di regolare i "contatti" che avvengono tra il nostro ordinamento giuridico e l'ordinamento di uno o più Stati del mondo. Ci sono molteplici esempi di rapporti aventi caratteri di internazionalità: accordi commerciali e contratti fra due società aventi la sede una in Italia e l'altra in America, matrimonio fra un cittadino italiano e una marocchina o viceversa, un testamento redatto in Francia che pretende di estendere i suoi effetti anche da noi, etc.  Nella vita globalizzata del mondo moderno questi "punti di contatto" tra ordinamenti sono cresciuti a dismisura e, di conseguenza, la materia del diritto internazionale privato (d.i.p.) è divenuta sempre più importante ed ha subito profonde influenze e modifiche. La società, così come già si è sostenuto varie volte, porta a modificazioni del diritto nel momento in cui essa cambia. 
Per fare un esempio concreto di questa influenza vorrei concentrarmi sul caso dei cd matrimoni misti, i quali oramai sono una realtà molto diffusa in Italia, ma non solo, per via della immigrazione crescente che caratterizza la storia e il territorio europeo.

Prima di arrivare all'evoluzione del diritto, bisogna però capire come funzionano le dinamiche di fondo del d.i.p. Esso, le norme che lo caratterizzano, vogliono rispondere a questa domanda primaria: il giudice italiano investito di una controversia attorno ad un rapporto con caratteri di internazionalità quale legge deve applicare nel decidere? Se davanti ad un giudice italiano si presenta una controversia fra due coniugi di cui una italiana e l'altro tunisino o americano, quale legge deve egli scegliere per la soluzione del problema: quella italiana oppure quella americana o tunisina? Ogni Stato deve rispondere a questa così come ad altre domande simili e lo fa attraverso leggi unilaterali di d.i.p le quali, quindi, servono per indicare al giudice quale legge applicare per ciascun caso che presentato davanti a lui abbia caratteri di internazionalità.
La risposta a quale legge il giudice italiano debba applicare verrebbe spontanea, dato che, essendo in Italia ed essendo il giudice italiano, è la legge italiana (cd lex fori, legge del foro del giudice) indipendentemente dalle caratteristiche "internazionali" delle singole controversie a dover regolare la fattispecie. Ebbene questa non è la scelta compiuta dal d.i.p sia in Italia sia nella maggior parte dei paesi del mondo: per valutazioni svariate spesso i nostri giudici sono chiamati ad applicare leggi di altri Stati. E' questa la particolarità più strana del d.i.p: che può obbligare il giudice italiano a decidere una controversia applicando il diritto marocchino, o americano, etc... Il d.i.p è una legge italiana che dice ai giudici di applicare a volte leggi di altri Stati.

Per chiarire facciamo due esempi concreti riguardanti il matrimonio: ci sono un uomo ed una donna cittadini marocchini che si sposano in Marocco e dopo le nozze vengono a vivere in Italia. Nel nostro paese si pone una questione di violazione di un obbligo rientrante tra quelli che caratterizzano i rapporti personali fra i coniugi (ad esempio l'obbligo di fedeltà coniugale) e un nostro tribunale deve decidere se è stato o meno violato questo obbligo. Quale legge applicherà: quella italiana o quella marocchina? Se noi, così come il giudice stesso, andiamo a guardare l'articolo 29 comma1 della legge 218 del 1995, la legge italiana di diritto internazionale privato, troviamo la risposta:
"I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune".
Quindi, per quanto strano possa apparire, il nostro giudice ha l'obbligo di applicare la legge marocchina in questo caso. La norma utilizza qui una regola fondata sul criterio della cittadinanza dei soggetti: si applica la legge del paese di cui si è cittadini indipendentemente da dove ci si trovi o si viva nel mondo.

Veniamo ora ad un secondo esempio, specificamente inerente ai matrimoni misti: un uomo italiano ed una donna americana si sposano a Milano e si trasferiscono a vivere stabilmente a New York. Se sorge, per qualche motivo, davanti ad un giudice italiano un questione riguardo ai loro rapporti personali, quale legge dovrà egli applicare? L'articolo 29 comma 2 della suddetta legge impone che:
"I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata."
Quindi, il giudice dovrà applicare un criterio "elastico" chiedendosi: dov'è che i due sposi trascorrono la maggior parte della loro unione. Applicherà quindi la legge americana o quella italiana a seconda della situazione: nell'esempio applicherà la legge americana.
E' questo un esempio di applicazione del criterio della residenza: si applica la legge dello stato dove in concreto trascorro la mia vita e non quella del mio stato d'origine. 

Preciso, infine, che questa applicazione di regole di altri Stati (nei quali magari i rapporti di famiglia presentano caratteri discriminatori tra uomo e donna) non è incondizionata. Esistono dei meccanismi (importante è la cd "clausola di ordine pubblico") in mano al giudice italiano per bloccare l'applicazione della legge straniera nel caso in cui ciò porterebbe ad una violazione di un principio fondamentale del nostro ordinamento. In questo caso il giudice applicherà la legge italiana (lex fori) in sostituzione. Il giudice potrà quindi bloccare l'ingresso in Italia di istituti discriminatori quali la poligamia e il ripudio diffusi nel diritto islamico.

Il confronto tra i due commi dell'articolo 29 ci permette di ricollegarci, in conclusione, a quello che era il problema iniziale del nostro articolo: la società cambia e fa cambiare il diritto. I due "criteri di contatto di cittadinanza e residenza" (cioè quegli aspetti di un certo rapporto che sono idonei a farlo rientrare tra le fattispecie non totalmente interne e, quindi, internazionali) rappresentano una dicotomia storica del d.i.p. Essi non sono gli unici ma, almeno parlando di diritto di famiglia e matrimonio, sono i più importanti per trovare la legge regolatrice. E' importante sottolineare come non si presentino quasi mai in alternativa (o l'uno o l'altro) ma, come si è visto, possono coesistere in una stessa legge o norma di d.i.p. Quello che è interessante ed indicativo però è la loro prevalenza
Nel passato le regole di d.i.p sono state formulate e pensate verso la fine dell'Ottocento e riprodotte senza cambiamenti importanti nelle Preleggi al Codice Civile. Le regole del d.i.p del 1942 erano fortemente aderenti al criterio della cittadinanza sia perchè gli stranieri in Italia erano pochi (diplomatici e pochi altri) e "di passaggio" sia perchè, all'opposto, c'erano numerosissimi italiani che emigravano in America ed Europa. Il criterio della cittadinanza era utile: consentiva di mantenere "attaccati" al loro paese di origine coloro che emigravano (erano pur sempre cittadini italiani) a dispetto di un minimo "sacrificio" nella applicazione delle leggi italiane: ai diplomatici e personale delle ambasciate si applicavano le loro leggi nazionali.
Nel 1995 la legge di riforma del d.i.p (sopra citata) utilizza prevalentemente il criterio della residenza (lo introduce anche in quegli ambiti dove mai era riuscito ad entrare quali, ad esempio, il matrimonio). Questo avviene, e qui chiudiamo il cerchio, perchè si prende atto di un cambiamento sociale: l'Italia è passata dall'essere un paese di emigrazione ad uno di forte immigrazione. Inoltre chi viene in Italia ha intenzione di stanziarsi e vivere sul nostro territorio. Lasciare inalterata la legge precedente avrebbe significato consentire ad una massa enorme di persone di non sottostare alle leggi italiane nonostante fosse proprio l'Italia il paese dove avevano scelto di vivere. Ecco che il criterio della residenza assicura che anche ad essi vengano applicate le leggi italiane da parte dei nostri giudici. 

Collegamento all'articolo in cui si introduceva il concetto che, come in questo post, la società cambiando fa cambiare anche il diritto: "L'evoluzione della società e del diritto: il reato di bestemmia?"

Per un articolo in cui si porta un esempio del fenomeno opposto, cioè di istituti giuridici che sono rimasti immutati nel tempo e quindi vetusti, nonostante i cambiamenti sociali potete andare a: "L'evoluzione della società e non del diritto: il giuramento decisorio"

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