martedì 30 agosto 2011

Diritto al matrimonio e condizione giuridica dello straniero in una recente sentenza della Consulta

La Corte Costituzionale lo scorso 25 luglio ha dichiarato incostituzionale, con la sentenza n. 245, l'articolo 116 del codice civile, limitatamente alle parole del primo comma "nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano". L'articolo in questione venne modificato dalla legge n.94 del del 2009 "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica" (conosciuto come "pacchetto sicurezza") che aveva posto quale  condizione per le pubblicazioni del matrimonio, da parte dell'ufficiale di stato civile, l'esibizione di una regolare documentazione attestante il soggiorno in territorio italiano nel caso in cui uno o entrambi i nubendi fossero cittadini stranieri.
Ecco il testo completo dell'articolo 116, che regolamenta il matrimonio di uno straniero con un cittadino italiano, come si presentava prima della sentenza della consulta che lo annulla parzialmente (cioè limitatamente ad alcune parole) : "Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano".
La Corte è stata chiamata a decidere sulla incostituzionalità della norma grazie ad un rinvio promosso dal Tribunale di Catania e ha avuto così modo di valutare il testo e la ratio della norma nel contesto storico attuale. Sebbene abbia considerato come legittima la finalità del legislatore di ostacolare, con l'art. 116, i "matrimoni di comodo", ha ritenuto che la misura di cui trattasi sia sproporzionata  per l'entità del sacrificio imposto alla libertà di contrarre matrimonio non solo degli stranieri ma, in definitiva, anche dei cittadini italiani che intendano coniugarsi con i primi. Impone infatti la norma una contrazione alla libertà matrimoniale anche nei confronti di coloro che intendano contrarre matrimonio in assoluta "buona fede". 
Sono già presenti, nel nostro ordinamento, degli istituti volti a limitare i "matrimonio di comodo" ad esempio la revoca del permesso di soggiorno nei casi in cui al matrimonio non segua l'effettiva convivenza (l'art. 30, comma 1-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998 - Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), salvo che dal matrimonio non sia nata prole. 
Quindi la generica preclusione al matrimonio con un individuo non regolarmente presente nel territorio italiano non è proporzionata tenuto conto degli interessi coinvolti, personali e inviolabili. La previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla "genuinità" del matrimonio, è lesiva della libertà dell'individuo e dell'articolo 12 della CEDU, come confermato dalla stessa Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo.  
Secondo la nostra Corte costituzionale di conseguenza  la normativa introdotta dal "pacchetto sicurezza" (a modifica dell'articolo 116) ha determinato una  violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in quanto ha violato i vincoli derivanti dalla nostra adesione e ratifica della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali.
In poche parole la condizione di immigrato o immigrata irregolare senza un regolare permesso di soggiorno non è ostacolo di per sé alla celebrazione di nozze con un cittadino o cittadina italiana. E questo perché il diritto a contrarre matrimonio costituisce un diritto umano fondamentale presente, innanzitutto, agli articoli 2 e 29 della nostra Costituzione ed, inoltre, espressamente enunciato all'articolo 12 della CEDU. 
Articolo 2 Costituzione: "La repubblica garantisce e rinosce i diritti inviolabili dell'uomo..."
Articolo 29 Costituzione: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare".
Articolo 12 CEDU -Diritto al matrimonio- "Uomini e donne, in età matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l'esercizio di tale diritto
Tale diritto spetta «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani»,  con la conseguente che la «condizione giuridica dello straniero non deve essere pertanto considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi», così scrive la Consulta. 
Innegabile la visione internazionalistica e garantistica della nostra più alta Corte, che prima delle vacanze si è pronunciata con questa sentenza di cui abbiamo enunciato i tratti salienti,. Tra le sue righe sono presenti numerosi concetti di diritto e di giustizia, di non discriminazione e di ragionevolezza. Tutti principi che dovrebbero essere le linee guida del legislatore prima di essere i criteri di giudizio di un giudice. I principi fondamentali del diritto esistono infatti prima per chi le leggi le fa, poi per chi deve giudicare in base ad esse. 


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