lunedì 11 marzo 2013

La storia del carcere tra passato, presente e futuro

Il carcere è il simbolo del nostro sistema penale ed il perno attorno al quale ruota ancora oggi tutto l'apparato delle sanzioni criminali. Indubbiamente la pena detentiva è, a giorni nostri, un istituto che viene applicato meno frequentemente che in passato (cresce infatti statisticamente l'applicazione delle pene pecuniarie e delle altre misure alternative o sostitutive alla detenzione) e con modalità meno severe. Questa diversificazione delle pene, frutto del crescere della civiltà in ogni paese, è puntualmente accompagnata da una evoluzione giuridica in senso ampliativo delle garanzie dei cittadini di fronte al potere punitivo dello Stato.
Nel nostro ordinamento un fondamentale passo in questo senso si è avuto con l'introduzione della Carta Costituzionale nel 1948 il cui articolo 27 terzo comma sancisce che:
"Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato."
Si comprende così l'incompatibilità stessa della detenzione con l'obbiettivo di "rieducare" il condannato con lo scopo di reinserirlo nella società una volta scontata la sua pena.

Il discorso risulta evidente se pensiamo alla pena di morte, anzi qui c'è addirittura un'incompatibilità assoluta e, in mancanza dell'articolo 27 c.4 della Costituzione che espressamente sancisce il divieto della pena di morte, esso sarebbe facilmente rientrato sotto la previsione che stiamo esaminando: non si può invero rieducare una persona morta! Problematico risulta anche la pena del "carcere a vita" (l'ergastolo) poiché, se l'obiettivo è il reinserimento sociale del condannato, esso non potrà per definizione essere raggiunto tenendolo "dentro" vita natural durante. In realtà vi sono ancora parecchie  ipotesi per le quali è possibile applicare l'ergastolo o comunque una detenzione molto lunga, esse paiono quindi in contraddizione con l'articolo 27 c.3 sopra ricordato. Ma lo sono davvero? 
In realtà una importante considerazione da fare, per rispondere, è che il limite della "tendenziale rieducazione" è riferito al sistema delle pene considerato in astratto come pensato dal legislatore nel codice penale e nelle altre leggi. E' il sistema nel suo complesso che deve tendere a tale obiettivo e non la singola fattispecie criminale. In altre parole non è vietato che, per singole fattispecie gravi, siano previste pene incompatibili con  la rieducazione (ad eccezione della pena di morte per cui c'è divieto assoluto). Anche l'ergastolo sarà quindi compatibile con la Costituzione a patto che che le sue modalità di esecuzione siano pensate in modo tale da tendere ad una rieducazione. 
Ciò conferma tra l'altro il discorso da cui eravamo partiti, ossia che al giorno d'oggi più che in passato, grazie all'articolo 27 comma 3 e a tutte le altre norme garantistiche che dal 1948 si sono succedute, l'applicazione della pena della detenzione si sia in generale ridotta.

Ma da dove è nata l'idea del carcere come pena centrale del sistema penale?

L'evoluzione recente, degli ultimi 60 anni, accennata sopra è solo l'ultimo approdo di una lunga evoluzione che ha riguardato questo istituto.
La sua lunga storia non lo vide, all'origine, nemmeno come "pena". Esso nacque piuttosto come luogo grazie al quale tenere separati i soggetti indesiderabili dal resto della società e la sua funzione per lungo tempo (e già presso i Greci e i Romani) fu di luogo finalizzato alla custodia cautelare in attesa della inflizione della pena vera e propria. Quest'ultima ricadeva sulla vita, attraverso la pena capitale, o sulla integrità fisica del detenuto (anche attraverso la tortura). Il carcere serviva dunque come strumento per mettere a disposizione della giustizia il corpo fisico dei condannati.
Successivamente si sviluppò la concezione del carcere come misura preventiva, ossia per la reclusione di soggetti considerati pericolosi prima che commettessero reati in modo da impedire loro di delinquere.
Questa duplice concezione durò per secoli e solo con la rivoluzione francese e l'affermazione degli ideali illuministi se ne affermò una terza che soppiantò le precedenti divenendo quella dominante: l'idea di carcere come pena , come punizione, che permane ancora oggi centrale. In quei tempi, secondo quegli ideali venne valorizzato al massimo il principio di uguaglianza e cosa se non la libertà rendeva uguali tutti gli esseri umani? 
La pena come privazione della libertà personale attraverso la detenzione rendeva uguali gli uomini davanti alla giustizia e fu per questo motivo che dal corpo si passò a punire l'animo delle persone. 
Quella idea noi ce la portiamo dentro ancora oggi, sebbene, come ho accenatto sopra, per motivi diversi il sistema delle pene è in continua evoluzione e, probabilmente, in futuro il ruolo del carcere andrà continuamente riducendosi.

Per un particolare ed interessante articolo che racconta di una esperienza in prima persona all'interno della più importante prigione di Praga vi consigliamo caldamente di leggere: "Praha-Pankrac: viaggio dentro una prigione moderna"


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