lunedì 9 luglio 2012

Estorsione o minaccia: il disvalore dei reati dipende dalla sussistenza del profitto ingiusto

Partendo da una sentenza in data gennaio 2001 della Cassazione penale, numero 9348, vogliamo evidenziare quali difficoltà comporti la qualificazione giuridica di un fatto, di un comportamento umano. Nel caso concreto si discute se una determinata minaccia, effettuata con il mezzo aggressivo della pistola, da parte di un uomo nei confronti di una donna, nella specie una prostituta, integri il reato di estorsione o quello di minaccia.


Articolo 629, codice penale. Estorsione
c.1 Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065.

Articolo 612, codice penale. Minaccia.
c.1 Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 51. 
c.2 Se la minaccia è grave... la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio.

Secondo la pubblica accusa essendo ravvisabile l'ingiusto profitto il reato da contestare è estorsione aggravata. La donna infatti, dopo esserle stata puntata contro la pistola, ha cessato di chiedere il pagamento della propria prestazione sessuale e l'indagato (in questo caso cliente) ha così evitato il pagamento della somma di denaro che la prostituta gli aveva chiesto. Secondo i giudici di merito e i giudici di legittimità l'ipotesi accusatoria è invece minaccia aggravata, con una evidente derubricazione del fatto, come si evince le cornici edittali di pena dei rispettivi reati. 

Il contratto tra l'uomo e la donna è, secondo i principi del nostro ordinamento civile, nullo per illiceità della causa, essendo contrario al buon costume; di conseguenza "il rifiuto del cliente del pagamento di una prestazione scaturente dal contratto avente ad oggetto il mercimonio del proprio corpo non equivale ad ottenere un profitto ingiusto, non essendo riconosciuto a chi abbia eseguito la prestazione sessuale il diritto di pretendere il pagamento". L'adempimento del contratto, ossia il pagamento della prostituta, non è esigibile, ma è rimesso alla libera determinazione di chi l'ha promesso: trattasi quindi di una obbligazione naturale.
L'unico effetto giuridicamente rilevante è la soluti retentio, cioè, in caso di pagamento di una obbligazione naturale (es. il pagamento di una prestazione sessuale, debito di gioco o debito prescritto) il debitore, che ha pagato, non può ripetere la prestazione spontaneamente fatta e chi l'ha ricevuta ha il diritto di tenersela. La prostituta quindi avrebbe diritto a trattenere quanto conseguito, ma ciò non elimina la non obbligatorietà del pagamento da parte del cliente. 
Secondo la Cassazione "la soluti retentio non consente di attribuire rilevanza giuridica ad una mera aspettativa di fatto, quale quella della prostituta al corrispettivo che non ha il diritto di pretendere, stante la detta nullità del patto col cliente", e quindi, "non vi è rimedio al comportamento omissivo dell'altro, che non ha connotazione antigiuridica poichè non viola alcun precetto, essendo il negozio tamquam non esset sul piano giuridico". Se il pagamento alla donna non è dovuto e quindi non è tutelato dal diritto in termini di esigibilità, ma è rimesso alla sola determinazione di chi l'ha promesso, allora la sua mancata esecuzione non è ingiusta. Il profitto che l'uomo ottiene, di non pagare la prestazione avuta, non è ingiusto secondo l'interpretazione della Cassazione. 
Bisogna quindi correttamente distinguere il caso in esame, che integra indubbiamente il reato di minaccia aggravata (ma non di estorsione), dal caso diverso in cui, pagata la prestazione, l'uomo avesse costretto la prostituta alla restituzione della somma. Il profitto in quest'ultima ipotesi sarebbe stato ingiusto, poichè contrario al principio della soluti retentio (ritenzione di ciò che è stato pagato in base all'adempimento spontaneo di una obbligazione naturale) e perciò l'azione posta in essere per conseguirlo sarebbe stata inquadrabile nel reato di estorsione.

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1 commento:

  1. sono stato rinviato a giudizio x estorsione,sono un medico ho lavorato presso uno studio di infortunistica,esrguendo visite specialistiche,accordo con il titolare era di pagarmi dopo che le assicurazioni avrebbero pagato,sono passati 5anni e non ho ricevuto niente,mando una fattura pro forma al titolare dei compensi a me dovuti,e dopo tre giorni con testimoni tutti i famigliari mi denuncia x estorsione,insieme ad un rumeno,che quando viene arrestato afferma di non conscermi,ho fatto 14 giorni di arresti domiciliari e sei mesi di firma,ritengo tutto questo ingiusto comunque devo fare il processo vorrei un vostro parere su questa assurda vicenda.

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