Le regole giuridiche che disciplinano la vita e i rapporti inter-soggettivi degli individui sono, come ben sappiamo, di creazione legislativa ma la modernità dei tempi e l'emulazione di modelli extra-nazionali, soprattutto di common-law, influiscono e condizionano in modo pregnante i giudici sul modo di interpretare le norme, di leggerle e di applicarle.
Molte volte ci siamo soffermati sulla sempre maggior rilevanza delle decisioni giurisprudenziali nel nostro ordinamento, sebbene non sia tuttora sancito il principio del precedente vincolante (o, alla latina, dello stare decisis). Probabilmente la celerità, la concretezza e l'attualità di una decisione di un giudice potrebbe sostituire a volte l'inerzia parlamentare permettendo un continuo aggiornamento della normativa. Le pronunce della Corte di Cassazione, supremo organo giurisdizionale del nostro ordinamento, sono dotate di una notevole autorità, nel senso che, sebbene siano nate da un caso concreto, da un giudizio specifico, enunciano principi vincolanti per i giudici che dovranno decidere successivamente e anche per il legislatore. Quando in una materia si stabilizza un prevalente orientamento giurisprudenziale esso viene il più delle volte normativizzato in leggi successive.
Un piccolo incipit questo per parlare in questo articolo di una recente decisione della Cassazione, che si è espressa su un tema di lunga discussione nel nostro paese.
La Corte ha dato "il via libera", con la sentenza n. 25674, alla coltivazione sul terrazzo di casa di una piantina di marijuana perché "il fatto non ha portata offensiva". Respingendo il ricorso del procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro contro la sentenza che non puniva un ragazzo di 23 anni sorpreso con una piantina di marijuana sul balcone della sua abitazione, i supremi giudici hanno dato un verdetto che si allontana dalla precedente giurisprudenza restrittiva a riguardo della coltivazione di droghe, sempre proibita.
La Corte ha dato "il via libera", con la sentenza n. 25674, alla coltivazione sul terrazzo di casa di una piantina di marijuana perché "il fatto non ha portata offensiva". Respingendo il ricorso del procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro contro la sentenza che non puniva un ragazzo di 23 anni sorpreso con una piantina di marijuana sul balcone della sua abitazione, i supremi giudici hanno dato un verdetto che si allontana dalla precedente giurisprudenza restrittiva a riguardo della coltivazione di droghe, sempre proibita.
La sentenza afferma che quando "la modestia dell’attività posta in essere" emerge da circostanze oggettive di fatto (nel caso la coltivazione di una piantina in un piccolo vaso sul terrazzo di casa con un principio attivo di mg 16) il comportamento dell’imputato deve essere ritenuto del tutto inoffensivo e non punibile anche in presenza di specifiche norme di segno contrario. Coltivare una piantina di marijuana in casa può essere lecito, trattandosi di un reato che non procura danni e non mette in pericolo la salute pubblica o la sicurezza pubblica. Il possesso di una piantina di canapa indiana non ha rilevanza penale, proprio perchè non procura danni, è inoffensivo. In questa decisione il parametro dell'offensività viene utilizzato come principio giuridico: "nullum crimen sine iniuria", nel senso che non è punibile il reato che non procura danni a nessuno.
I commenti politici a questa presa di posizione dei giudici della Cassazione sono stati discordanti. Da un lato esponenti dei Radicali Italiani hanno colto nelle parole della corte un elemento di buon senso e l'enunciazione di un principio liberale: "non c'è reato se non c'è vittima". Tali esponenti politici sono da sempre promotori dell'autocoltivazione, perché sostengono che garantisca al consumatore la qualità del prodotto, lo liberi dal mercato criminale e riduca i profitti delle mafie. Reputano che l'attuale legge la N 49/2006 (legge Fini-Giovanardi) non sia generalmente ben fatta, sia in particolar modo criminogena (spinge alla commissione del reato), dato che sono numerosissime in termini di percentuali le persone detenute nelle carceri per averla violata. Un proibizionismo che costa quindi per il popolo italiano e che andrebbe rivisto, cercando alternative e nuove soluzioni. Dall'altro lato commenti di segno completamente opposto, quali le parole del Ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, che definisce la sentenza "scandalosa". "Questo", ha spiegato il ministro, "rischia di stabilire un precedente gravissimo: ovvero che un reato non sia più tale, nonostante la legge, quando considerato inoffensivo... Se i magistrati vogliono farsi legislatori, smettano la toga e si facciano eleggere in parlamento".
Per avere una visione più giuridica e completa sul ruolo dei giudici e della giurisprudenza nel nostro ordinamento e soprattutto sulla loro soggezione alla legge, l'articolo La giurisprudenza come fonte del diritto
I giudici lo creano il diritto e su questo non c'è alcun dubbio, se lo avete leggete il seguente articolo: L'analogia come fonte del diritto
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