Oggi vogliamo dare spazio ad un
interessante evento che si è svolto lo scorso mese a Novara. Sebbene
non sia completamente un tema del “mondo giuridico”, quanto piuttosto di quello economico, presenta da un lato
evidenti punti di connessione con le materie che trattiamo di solito
e dall'altro interessanti punti di vista su argomenti
di attualità, spesso affrontati in modo
fuorviante dai giornali e dagli altri mezzi di informazione. Noi
potremo darne solo una generale overview fornendovi però gli spunti
per, eventualmente, approfondire gli argomenti se vi interessano.
Lo scorso 14
Giugno si è svolta, come oramai da tradizione, l'undicesima
giornata dell'economia organizzata e sponsorizzata della
Camera di Commercio di Novara che, quest'anno, ha avuto come
ospite, autore
dell’ intervento principale, il prof. Marco Fortis
docente del corso “Politiche europee ed internazionali”
presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Cattolica
del Sacro Cuore a Milano nonché vicepresidente della fondazione
Edison. Questa ultima è una importante istituzione, fondata e
promossa da Edison s.p.a. (multinazionale italiana che da oltre 130
anni opera nel campo delle energie), che ha uno scopo ben preciso:
quello di “rendere stabile, approfondire e ampliare il dialogo
con il mondo dei sistemi locali, distretti industriali e le piccole
medie imprese (PMI) in Italia”, favorendone “lo studio
approfondito attraverso la pubblicazione di volumi” e
stimolando il “dialogo con il mondo degli studiosi
dell'argomento”. Ecco perché trattasi di persona assolutamente
preparata a parlare non solo di temi generali di economia (che sono
affrontati nella prima parte del suo intervento) ma altresì di
realtà locali, quale è quella dell'industria novarese, trattata nella
seconda metà dell'incontro. Quest'ultima è stata il fulcro dell'incontro, avente,
come si può intuire, dimensione più che altro locale.
Noi ci concentreremo
per lo più sulla parte iniziale la quale affronta temi di enorme
attualità come, tra gli altri, la crisi delle imprese e delle
esportazioni in Italia e in Europa e le sue principali cause, il reale rapporto dell'economia italiana con quella di altri
Paesi europei (principalmente la Germania), il ruolo, non sempre benevolo,
dell'Europa nelle scelte di politica economica nei Paesi UE e il "peso" che la presenza di un elevato
debito pubblico esercita su chi adotta in concreto queste scelte.
E vedremo che spesso l'ottica assunta nel sistematizzare questi problemi da Fortis si discosta, e non leggermente, da quelli che sono i più diffusi schemi argomentativi e luoghi comuni. Ovviamente bisogna fare una generale premessa: essendo un discorso affrontato da un punto di vista economico, le affermazioni si fondano su dati statistici oggettivi, puntualmente messi in evidenza i quali, seppur veritieri, scontano il rischio di una “selezione mirata” al servizio del prosieguo del discorso. Perciò non stiamo parlando di verità assolute e questo è bene tenerlo a mente.
E vedremo che spesso l'ottica assunta nel sistematizzare questi problemi da Fortis si discosta, e non leggermente, da quelli che sono i più diffusi schemi argomentativi e luoghi comuni. Ovviamente bisogna fare una generale premessa: essendo un discorso affrontato da un punto di vista economico, le affermazioni si fondano su dati statistici oggettivi, puntualmente messi in evidenza i quali, seppur veritieri, scontano il rischio di una “selezione mirata” al servizio del prosieguo del discorso. Perciò non stiamo parlando di verità assolute e questo è bene tenerlo a mente.
Principalmente sono
due i punti che ci hanno
colpito.
Innanzitutto viene sgomberato il campo da un equivoco: il motivo
della crisi industriale in Italia non è la crisi delle
esportazioni (le quali anzi mostrano un trend di crescita) e
quindi la mancanza di competitività dell'impresa italiana a livello
mondiale. Poiché, come evidenziato dai dati sul fatturato estero
delle imprese, l'esportazione “corre”, i motivi della crisi vanno
ricercati altrove ed, in particolare secondo Fortis, nella drastica
caduta della domanda interna con il consequenziale crollo del
fatturato domestico e degli investimenti (e ciò in Italia è
avvenuto in modo più accentuato rispetto ad altri Paesi UE come
Francia e Germania). Da qui Fortis condanna, allineandosi con una
corposa corrente di pensiero, la “politica del rigore senza
crescita” ossia della austerità pubblica in ottica di mero
risparmio per frenare, principalmente, l'aumento del debito pubblico
senza correlative spese da parte dello Stato per lo sviluppo e per la
creazione di occupazione (ad esempio tramite incentivi fiscali o
premiali per le imprese che si riconvertono o detassazioni sul
lavoro). Fortis evidenzia che il “nodo lavoro” è cruciale
in un'ottica di ripresa di una domanda interna: la lotta alla
disoccupazione giovanile deve essere obiettivo prioritario di
ogni governo e qui egli sostiene la necessità che i vari strumenti
giuridici pensati dal legislatore e messi a disposizione delle
imprese per l'occupazione debbano essere il fulcro di questa ripresa.
In effetti il collegamento stretto tra formazione e lavoro
(come avviene negli stage formativi o curricolari, nei contratti di
apprendistato o, addirittura, nello sbocco preferenziale presso le
imprese di studenti provenienti da istituti tecnico-scientifici) è
un obiettivo da raggiungere ma, da giuristi, possiamo anche
evidenziare come questa idea di centralità del ruolo di contratti
flessibili per i giovani si scontra con un problema sempre
attuale nel mondo del diritto e spesso sottovalutato da chi non se ne
occupa: la necessità di attuare riforme delle norme a “costo
zero”. Spesso si pensa che modificare le regole basti per
aumentare l'efficienza di settori del sistema che non funzionano
bene, in realtà è frequente che le regole siano già adeguate
mentre i motivi della inefficienza sono da ricercare in una scarsa o
insufficiente copertura economica alle riforme. Questo Fortis lo
evidenzia, ma forse non con la dovuta forza: non basta prevedere
nuovi, vari e diversi contratti (come si è fatto spesso in passato)
senza incentivare economicamente in qualche modo il loro utilizzo
perché ciò si risolverebbe solo in un aggravio normativo e
burocratico per le imprese già soggette ad una normativa
giuslavoristica, fiscale e assistenziale molto complicata e
continuamente modificata (con correlativi costi di gestione e
implementazione delle novità non poco elevati a cui far fronte).
Proseguendo nel suo
discorso Fortis addebita alcuni errori alla
politica economica di rigore italiana degli ultimi anni in gran parte derivanti, secondo lui, da
inadeguati criteri di indirizzo emanati dalla Unione Europea. Questi ultimi a
loro volta sarebbero scaturenti da una “falsa paura" generata dall'elevato
debito pubblico del nostro Paese e dalla diffusa idea che il
sistema delle imprese manufatturiere italiano sia altamente
specializzato nella produzione di prodotti tradizionali e non
tecnologici i quali subiscono sempre di più la concorrenza di
emergenti potenze industriali (come la Cina) con la conseguenza di
una perdita di quote di mercato, aggravata inoltre da una incapacità
di innovazione a livello sistemico dell'impresa italiana.
Fortis evidenzia
come, sebbene in gran parte queste osservazioni siano veritiere, la
paura che l'Italia fallisca sia comunque basata su calcoli
eccessivamente restrittivi. Infatti lui sostiene, ed è interessante
questo aspetto, che
è stato dimostrato come sia inappropriato misurare la sostenibilità
del debito pubblico di un Paese calcolandolo solamente
in rapporto percentuale al Pil (in Italia questo rapporto è di 127%
il secondo più alto d'Europa nel 2012 dopo quello Greco). Dopo avere
analizzato una serie di grafici relativi al raffronto geografico e
cronologico dei debiti sovrani in vari Paesi dell'Europa e del mondo
e alle differenze in caso di loro sottoscrizione da parte di
residenti o non residenti, egli arriva a evidenziare come le più
recenti tendenze siano
inclini a considerare insostenibile il debito di uno Stato non
quando supera il 90% del Pil ma quando è maggiore al 90% della
ricchezza finanziaria netta delle famiglie,
una soglia non ancora superata in Italia.
Egli sottolinea
inoltre come il modello di specializzazione dell'Italia non sia
inadatto alla competizione internazionale e ciò è dimostrato dai
dati che evidenziano come il nostro sia ancora, nel 2012, il secondo
Paese manufatturiero (meccanica e mezzi di trasporto, chimica e
farmaceutica, altri settori) in Europa (dopo la Germania) e il
sesto al mondo sebbene presto queste posizioni potrebbero essere
presto riviste in virtù dell'avanzata dei “giganti emergenti”.
Addirittura per più di 1200 prodotti su 4000 analizzati l'Italia
“batte” la Germania per fatturato generato dalla loro
esportazione.
Concluse queste
considerazioni “macro economiche” Fortis si concentra, in
ossequio a quella che è la finalità dell’incontro, su una analisi
delle principali voci del settore manufatturiero della provincia di
Novara, sul loro andamento passato e sulle future prospettive. Questa
seconda parte dell'intervento la tralasciamo non perché scarsamente
interessante ma perché, essendo specificamente indirizzata ad una
comunità locale potrà facilmente suscitare interesse
nell'approfondimento da parte di coloro che vi appartengono.
L'interessante
intervento di Fortis e alcune delle sue idee, che abbiamo cercato di sintetizzare,
potranno portare a riflettere su alcune notizie che sentiamo ogni
giorno sui giornali con uno spirito più critico e consapevole
rispetto a prima di averle scoperte.
Il link al sito della Fondazione Edison potete trovarlo QUI
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