martedì 19 luglio 2011

La "trasmigrazione" dei principi tra Stati membri della Unione Europea

Un principio indica di consueto l'origine o l'inizio di qualcosa. Nel campo del diritto invece il termine assume una diversa prevalente accezione: quella di fondamento. I principi del diritto sono infatti "canoni" o "linee guida" per la formazione, l'interpretazione e l'applicazione delle norme da parte dei soggetti competenti. Sebbene si tratti di criteri vaghi, di solito nemmeno definiti, pongono comunque degli argini insuperabili a coloro che se ne devono servire, quali il legislatore, il giudice comune, la Corte Costituzionale o una autorità amministrativa. Alcuni esempi: il principio di ragionevolezza, di coerenza, di non ingiustizia, di non discriminazione, ecc...
Essendo regole fondamentali, e come abbiamo detto criteri interpretativi usati da molti interpreti, ogni ordinamento ne crea di propri per poi applicarli al suo interno; eppure esistono dei meccanismi che consentono la "trasmigrazione" di questi principi, nati in ambito nazionale, locale, da un ordinamento all'altro. Di seguito cercerò di descriverne uno: quello dovuto alla partecipazione di più Stati membri ad uno stesso ordinamento sovranazionale vincolante, quale ad esempio l'Unione Europea.

Spesso queste regole fondamentali non sono inizialmente scritte. Ma si formano lentamente nella giurisprudenza e nella dottrina divenendo criteri logici da seguire nel momento in cui si interpreti una norma. Essi aiutano, in concreto, a scegliere quale sia la migliore interpretazione da dare ad una legge. Formandosi agli inizi, nella maggior parte dei casi, per l'applicazione concreta del diritto vengono poi spesso "legificati", cioè individuati, denominati e scritti in una legge. E' importante però sottolineare che la legge non sostituisce l'opera che è stata svolta nel corso del tempo dagli interpreti che hanno delineato il contenuto e le sfaccettature di ciascun principio. La legge si limiterà a richiamarne il "nomen" e, poche volte, i caratteri essenziali. Ma l'autentico contenuto del fondamento dovrà sempre essere ricercato nelle sedi in cui fu creato, ossia ad esempio nelle sentenze dei giudici.
Principi nell'ordinamento italiano sono numerosi in Costituzione, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e in quella della Corte di Cassazione. Quest'ultima ha addirittura il compito di formulare il c.d. "principio di diritto" per il caso concreto sottoposto alla sua decisione. E' questa quella che viene chiamata la funzione di nomofilachia della Cassazione, che dovrebbe portare in astratto ad una uniformazione delle interpretazioni giudiziali sulla medesima questione in quanto, appunto, guidate dai principi enunciati dalla Suprema Corte. 
Senza dilungare troppo l'attenzione sul nostro ordinamento nazionale e sui principi che esso si è dato, vorrei concentrarmi invece sulla grande influenza che il contatto e l'apertura del nostro sistema con quello europeo ha portato.
L'Unione Europea viene definita una organizzazione internazionale "sui generis". La prima caratteristica particolare è il fatto che essa ha un complesso istituzionale molto attivo sul piano del diritto, nel senso che produce ed interpreta un gran numero di regole giuridiche. La seconda peculiarità è che queste regole, formatesi al di fuori dei nostri meccanismi legislativi, sono tutte, più o meno, direttamente vincolanti nel nostro ordinamento.
Una delle istituzioni è la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, le cui sentenze sono immediatamente e generalmente vincolanti in tutto il territorio dell'Unione (che corrisponde alla somma dei territori degli Stati membri). Essa è fondamentale nel sistema europeo, in quanto ha contribuito nel tempo, da un lato, a fissare e fornire la corretta interpretazione dei trattati e delle norme di diritto derivato (regolamenti e direttive), dall'altro, a delineare i reciproci confini fra le istituzioni dei singoli Stati e le autorità dell'Unione.
Come ogni altra corte di giudici così anche la Corte di Lussemburgo ha operato e sentenziato sulla base di principi. Ma quali? Agli inizi l'ordinamento europeo, formato dai soli Trattati, era formato essenzialmente da regole di cooperazione economica ma non enunciava principi generali. La Corte ha dovuto quindi andare a cercarli e "prelevarli" dalla normativa, ma soprattutto dalla dottrina e dalla giurisprudenza (poiché è qui, come abbiamo detto, che trovano la loro maggiore vitalità) degli Stati membri. Avendoli elevati a livello di principi comunitari, attraverso le sue sentenze, essi, inevitabilmente ricadono, discendono nelle normative degli stessi Stati.
Questo fenomeno di osmosi consente che principi di paesi estranei al nostro siano prima prelevati e fatti propri dal diritto europeo, per poi entrare nel nostro ordinamento e addirittura essere "legificati" nei nostri codici. Un esempio lampante di quanto abbiamo detto è il principio di proporzionalità, nato in Germania ed entrato a far parte dell'ordinamento comunitario attraverso le pronunce della Corte di Giustizia (essendo, oggigiorno, addirittura richiamato in una norma del trattato), è arrivato in Italia ed oggi si presenta quale fondamentale canone dell'agire delle pubbliche amministrazioni. Violare il principio di proporzionalità è come violare una norma di legge. 


Per comprendere più a fondo le dinamiche della Corte europea e i suoi rapporti con i nostri giudici interni, vi consigliamo la lettura del seguente articolo: L'importanza del dialogo tra giudici
   
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