martedì 3 aprile 2012

"Quarta generazione" delle telecomunicazioni: un traguardo ancora lontano!

L'Italia non è considerato, a ragione, un Paese all'avanguardia dal punto di vista tecnologico, se raffrontato con quelli già industrializzati. L'ennesima riprova di questo la possiamo trovare in una recente vicenda che interessa da vicino almeno tutti i possessori di uno smartphone di ultima generazione. Mi riferisco al problema della liberalizzazione delle frequenze al fine di introdurre la tecnologia 4G per la navigazione tramite dati cellulare.
Differentemente da USA, Giappone, Australia, Corea, Paesi scandinavi, la "fourth generation" (4G)  di strumenti per la comunicazione mobile in Italia è ancora ben lontana dall'essere attuata soppiantando l'attuale 3G. In particolare, e per quello che in questo blog interessa, è una recente decisione del Tar Lazio che rischia oggi di rallentare ulteriormente la modernizzazione italiana.
L'anno scorso il Ministero dello Sviluppo Economico ha messo all'asta lotti di frequenze (da 800 e 1200 Mhz le più pregiate) e i maggiori operatori del settore mobile (Vodafone, Wind, Telecom e 3Italia) hanno presentato le loro offerte e rilanciato quelle dei concorrenti aggiudicandosi alla fine un "biglietto" ciascuno per l'ingresso nella "quarta generazione". L'incasso per lo Stato è stato notevole: circa 3,7 miliardi di euro. Il gigantesco esborso delle compagnie è avvenuto, per così dire, "a scatola chiusa" nel senso che le frequenze messe in vendita dal Ministero e pagate così profumatamente non erano (e non sono tutt'ora) libere da altri flussi di dati. 
Il passo successivo del Ministero è stato, quindi, quello di emanare un decreto, il 23 Gennaio 2012, con cui ingiungeva alle TV locali la liberazione dei canali delle frequenze assegnate, entro il primo Gennaio 2013. 
Tale decreto ministeriale è un atto amministrativo che sembra inquadrabile nella categoria, lato sensu intesa, delle espropriazioni: atti restrittivi di diritti di privati (in questo caso diritti delle Tv locali) attuati con decisione unilaterale della Pubblica Amministrazione nel perseguimento di interessi pubblici preminenti (nel caso concreto l'incasso economico ma soprattutto lo sviluppo della rete di telecomunicazione nazionale). 
A fronte di tale "sottrazione" e in linea con la disciplina costituzionale degli atti espropriativi, alle Tv locali il Ministero ha assegnato, a titolo di ristoro, un indennizzo di 175 milioni di euro. Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico, dichiarò già a dicembre scorso che: “Il Ministero sta procedendo alla redazione del decreto ministeriale con un importo complessivo disponibile per l’attribuzione alle emittenti locali delle misure economiche di natura compensativa pari a 174.684.709 euro per la liberazione delle frequenze dal canale 61 al canale 69”. E così è stato. 
E qui nasce il problema giuridico che abbiamo anticipato all'inizio: tale decreto di esproprio è stato impugnato da alcuni destinatari (le Tv locali) davanti al competente Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio lamentando vizi di illegittimità nello stesso.
Il Tar Lazio ha sospeso la liberazione delle frequenze, ritenendo il problema urgente. Tecnicamente il Tar ha emanato dei provvedimenti cautelari (3 ordinanze) che sospendono gli effetti del decreto Ministeriale fino al 18 Aprile prossimo venturo, quando in udienza ci potrà essere la revoca, la modifica o la conferma di tali ordinanze. 
Le misure cautelari, secondo la generale funzione che ad esse è assegnata dall'ordinamento, hanno lo scopo di impedire che, in attesa del giudizio, i destinatari del provvedimento debbano osservarlo e quindi risultare successivamente pregiudicati nei propri diritti nel caso in cui la decisione del giudice sia a loro favorevole. Nel caso in ispecie le Tv locali non dovranno eseguire le liberazione delle frequenze e il Ministero non dovrà pagare. 
Se le misure verranno confermate in udienza, il decreto resterà sospeso con la possibilità, da un lato, che il Ministero impugni le stesse ordinanze davanti al Consiglio di Stato e, dall'altro, che si attivino dei "negoziati" tra Ministero e Tv locali su un maggiore indennizzo e prolungamento dei termini. Si scrive in una nota che "il ritardo nella pubblicazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico dei decreti di fissazione delle date relative agli switch-off 2012 e il ritardo nella emanazione da parte della Agcom del piano di assegnazione delle frequenze per le regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, con conseguente ritardo nella emanazione da parte del Ministero dei bandi per l'assegnazione dei diritti di uso delle frequenze e per l'attribuzione delle numerazioni "LCN" impedisce di effettuare la transizione nelle suddette regioni nei tempi calendarizzati". Viene lamentato quindi una certa dose di incertezza e di lentezza nell'emanazione, da parte del Ministero e dell'AgCom, di criteri da seguire per liberare i canali richiesti e trasferire le attività altrove.
I motivi principali dei ricorsi, infatti, sono la esiguità dell'indennizzo, una cifra su cui le associazioni di Tv locali hanno da subito puntato un dito di disappunto, nonché una richiesta di proroga nel termine per completare la liberalizzazione. 
In conclusione, dalla vicenda deriva comunque un ulteriore spostamento in avanti della possibilità, per gli operatori telefonici, di procedere con la modernizzazione rendendo fruttuoso il loro cospicuo investimento e, ancor peggio, la impossibilità per tutti noi di usufruire della tecnologia 4G sfruttando al meglio le potenzialità di tecnologie compatibili (quali chiavette, telefoni, tablet) sempre più diffuse.

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