"Non può un uomo tenere il posto di due" - Alfonso X il Saggio re di Castiglia
Se caliamo questo pensiero
nel processo moderno la sua attuazione ci appare come pacifica: ogni soggetto
che entra e partecipa al processo ha uno specifico ruolo e solo
quello. Così il giudice, il pubblico ministero, gli avvocati, le
parti, i testimoni sono come attori che recitano in uno spettacolo
teatrale ma senza potersi scambiare il personaggio, ognuno deve fornire il
proprio particolare contributo per la realizzazione dell'opera.
Questa conclusione che è affermata dalla dottrina
processualista da lungo tempo è resa necessaria da una molteplicità
di motivi più o meno importanti che dimostrano come un
processo senza ruoli sia, di per sé, una aberrazione giuridica, una serie di atti che non può aspirare a produrre un risultato idoneo al suo
scopo. Un esempio paradigmatico si ritrova nella storia: quando, fino all'inizio 1800,
la prova nel processo penale europeo era ottenibile attraverso la tortura si generava una enorme sovrapposizione di ruoli processuali poiché
l'imputato (ossi colui del quale bisognava giudicare l'innocenza o la
colpevolezza) diveniva, grazie alla prova estorta
tramite il supplizio, un testimone e non uno qualsiasi: egli fungeva da
primo testimone contro se stesso anche se, la maggior parte delle
volte, la confessione era data per la disperata speranza che cessassero i tormenti. La morte era vista come una liberazione rispetto al prolungarsi della
tortura e, perciò, si confessava spesso il falso contro se stesso.